Musica

Happy birthday, Eric

4 Aprile 2013

Eric Clapton - 461 Ocean BoulevardQuando ci siamo conosciuti, stavi meglio dopo un periodo in cui eri stato molto peggio. L’ho scoperto tempo dopo, leggendo avidamente libri e articoli che ti riguardavano.

Sarà stato il 1978 o il ‘79 e il mio amico Gabriele mi ha registrato su una cassetta “461 Ocean Boulevard”, che era uscito nel ’74 ma che per me era una grande novità: il disco della rinascita, dopo gli anni brutti, quelli dell’eroina. Che scoperta sconvolgente, per un tredicenne che ascoltava solo cantautori italiani! Il suono della chitarra, il blues di Elmore James, il reggae (“I Shot the Sheriff”), le ballate dolcissime come “Please Be With Me”.

Da lì sono andato un po’ avanti e un po’ indietro. Ho comprato “in diretta” i dischi man mano che uscivano: “Just One Night”, il fantastico doppio dal vivo del ’78, poi “Another Ticket”, poi “Money and Cigarettes”. E nel frattempo andavo indietro: “Layla”, i dischi con i Cream, quello con John Mayall del ’65, fino agli inizi con gli Yardbirds, nel ‘63.

Non ci siamo più lasciati, caro Eric. Non c’era internet, e una foto su Ciao 2001 era merce rara. Cercavo di capire che razza di chitarre suonavi: le Gibson, all’inizio: una Les Paul con i Bluesbreakers, forse una 335 nei Cream (e chissà quante altre, che non ho mai visto). Poi il passaggio alla Stratocaster. Quella sunburst che compare sul retro di Layla, quindi Blackie, la bianca e nera del ’54 che si vede su “Just One Night” (a 18 anni ne ho comprata una uguale).

E intanto scoprivo che su “Layla” suonava Duane Allman, o che su “No Reason to Cry” c’era buona parte di The Band, con Dylan che cantava insieme a te “Sign Language”, e che Yvonne Elliman (oh, yes, la Maria Maddalena di “Jesus Christ Superstar”) faceva i cori. Quanto mi faceva piacere, Eric, scoprire che eri amico di quelli che io stimavo di più. Quando hai suonato “Setting Me Up” su “Just One Night” a momenti morivo.

Hai fatto degli album un po’ debolucci, caro Eric, negli anni ’80 (del resto erano gli anni ’80 non per niente), con Phil Collins spesso tra le palle. Ma non me la sono presa: mi bastava sentire l’assolo di “White Room” per stare meglio, e poi io sono uno che si affeziona. E ho avuto ragione. “Unplugged”, nel 1992. E, subito dietro, “From the Cradle”, nel ’94, un disco di blues elettrico con un suono di chitarra cattivo (cioè buono) e distorto come non tiravi fuori da molto tempo.

Va be’, Eric. Non voglio farla lunga. Vedo che te la passi bene e che hai appena fatto uscire un bel disco. E allora ti saluto con affetto e ti faccio tanti, tanti auguri di buon compleanno. Luca