Calcio

Il terzo segreto del mercato del Milan

5 Settembre 2016

"Boh?"

“Boh?”

Il mercato del Milan nell’estate 2016 ha alcune caratteristiche notevoli (anche se non del tutto nuove), che forse non sono state rilevate opportunamente, o non tutte insieme:

1) Il valore dei cartellini acquistati è molto più basso rispetto a quanto è stato speso (è strano, lo so, ma poi ci torniamo).

2) Il valore delle cessioni effettuate è praticamente zero (e sì, le due cose sono collegate)

3) Il mercato sembra non tenere minimamente conto delle esigenze tecniche della squadra.

Vediamo i punti uno alla volta.

1) Il valore dei cartellini.

Leonel Vangioni è arrivato a parametro zero. È del 1987, quindi ha quasi 30 anni. Immaginando che abbia firmato un contratto di tre anni che scadrà quando ne avrà oltre 32, si libererà a zero. Ma, a meno che si riveli il nuovo Cafu, anche rivendendolo fra uno o due anni sarà ben difficile ricavarne una plusvalenza, anche perché avrà un ingaggio troppo alto per qualsiasi squadra di fascia media potenzialmente interessata. Quindi, valore zero.

Jose Ernesto Sosa. La faccio breve: ha già 31 anni, il Milan lo ha pagato 7,5 milioni e per ovvie ragioni (di età e non solo) lo perderà a zero. Minusvalenza netta.

Mati Fernandez è del 1986: è arrivato in prestito oneroso con un riscatto a un milione. Plusvalenze possibili? Bravi: zero.

Leggermente diversi i casi di Gianluca Lapadula (pagato relativamente caro, per i parametri del Milan attuale, circa 10 milioni) e Gustavo Gomez (8 milioni). Lapadula è giovane, non giovanissimo (26 anni), Gomez di anni ne ha 23: qui, con un po’ di fortuna, non dico che si potrebbero fare delle plusvalenze, ma almeno fare mercato, se un domani servisse.

Non parlo di Pasalic, perché è in prestito secco, quindi – tanti o pochi – quelli sono soldi del Chelsea, cui noi facciamo la guardia per un anno.

In sintesi: le società gestite bene acquistano giocatori il cui cartellino ha un certo valore (e che magari hanno uno stipendio medio-basso, almeno all’inizio), che addirittura nel tempo cresce. In questo modo cresce anche il patrimonio della società: fanno così sia le piccole (Sassuolo, Udinese, Atalanta), che le grandi (Juventus, Napoli). Il Milan, al contrario, compra giocatori che guadagnano tanto e valgono poco. Sembra assurdo, ma è la specialità di Galliani: i 4,5 milioni annui di un simpatico scarpone come Flamini bruciano ancora. Con un anno del suo stipendio probabilmente ai tempi si comprava Hamsik.

2) Il mercato in uscita.

Guarda caso, il Milan non vende mai nessuno. Cioè: i calciatori del Milan (essendo appunto in età avanzata e strapagati) se ne vanno in genere a scadenza di contratto (e quindi a zero) oppure, e peggio, in prestito gratuito, spesso con una parte dell’ingaggio pagata dal Milan. Sono i Mexes, gli Alex, i Matri, Essien, Muntari, Robinho, andate avanti voi finché non vi viene da piangere. Sapete come abbiamo fatto gli unici quattro soldi, quest’anno? Con la cessione di El Shaarawi a 13 milioni: guarda caso, proprio il prototipo del giocatore giovane, con un cartellino che – tanto o poco – vale qualcosa e un ingaggio proporzionale al suo valore. Un El Shaarawi, fra l’altro, che alla fine ci avrebbe fatto un gran comodo.

3) Il criterio tecnico-tattico

Eh sì. Perché la terza caratteristica del mercato del Milan è che i giocatori acquistati non c’entrano niente con l’idea tattica dell’allenatore. E non da oggi: l’allenatore (tipicamente Ancelotti) chiedeva un qualsiasi giocatore e il Milan comprava un trequartista (antica passione del  presidente, che ha tanti pregi ma di giocatori capisce poco). Poi toccava al mister far giocare insieme Rui Costa, Rivaldo, Seedorf, Pirlo, Kakà. Sai le risate! Ma c’era abbondanza, il livello tecnico era altissimo, la difesa era da paura, Gattuso e Ambrosini scoraggiavano con le cattive chiunque si avvicinasse non dico all’area ma anche solo al centrocampo, insomma ce la si cavava egregiamente.

Oggi si fa ancora così, ma con le pezze al culo. Montella chiede un centrale difensivo che sappia impostare, un regista di centrocampo, una mezzala brava coi piedi, un attaccante esterno. Chi gli compra Galliani? Un terzino sinistro, forse anche poco adatto al calcio italiano (vedremo), un centrale difensivo che sembra più un marcatore roccioso, tre mezzeali, un attaccante centrale.

Non è un problema di buono o cattivo. Di Quadrado o di El Shaarawi (che, ripeto, sarebbe stato funzionale al modulo di Montella). No: sono proprio ruoli diversi. Perché? Sadismo? Gusto della burla? Troppa amicizia per qualche procuratore? Boh.

Il caso più eclatante è quello di Lapadula, che è anche il giocatore costato di più. Il Milan è corso ad accaparrarselo “con un blitz” (come scrive la stampa inginocchiata) appena aperto il mercato. Al’epoca si puntava a cedere Bacca, di cui Lapadula avrebbe preso il posto. Poi Bacca non parte più (e ti pareva che il Milan faceva una cessione vera?) e nel frattempo Lapadula è stato preso. Non solo: come punta centrale c’è anche Luiz Adriano e, volendo, anche Niang che ha tutta l’aria di essere il preferito di Montella in quel ruolo, almeno all’inizio della preparazione estiva. E qui accade l’incredibile: cioè niente. Il Milan non vende Bacca (e va bene), ma non prova neanche a fare l’unica cosa che avrebbe senso, cioè vendere Adriano o (al limite) lo stesso Lapadula, per cercare di comprare, col ricavato, un giocatore funzionale agli schemi di Montella come ad esempio un attaccante esterno. Niente.

Dei quattro ruoli indicati da Montella possiamo dire che non ne sia stato ricoperto nessuno. In compenso abbiamo quattro prime punte in un modulo (il 4-3-3) in cui ne serve una, sei o sette mezze ali tutte mediocri (quattro sarebbe il numero giusto: due titolari e due cambi), nessun regista, un giocatore come Honda che in qualsiasi ruolo lo si metta sembra sempre adattato con grande fatica (ma qual è il suo vero ruolo? Io non l’ho capito, ma sospetto che non l’abbia capito nessuno).  Oltre, beninteso, a qualche buon giocatore, che c’era già l’anno scorso: ma qui stiamo parlando del mercato dell’estate 2016.

Insomma. Questo è il Milan degli ultimi anni: una squadra che riesce a spendere 25 milioni senza comprare di fatto un solo giocatore funzionale al progetto da un punto di vista tecnico ed economico. Ora si spera che quest’epoca si chiuda. È possibile: ma non perché arriveranno i soldi dei fantomatici cinesi (sì, anche); piuttosto perché dovrebbero arrivare un vero amministratore delegato e un vero direttore sportivo a occuparsi professionalmente di quello che – troppo a lungo – per Adriano Galliani è stato una specie di costosissimo hobby, per di più in associazione con procuratori e presidenti a dir poco chiacchierati.