Dieci Secondi - Anno 2, puntata 7

Spin Doctors: Turn It Upside Down

3 Giugno 2018

Lo abbiamo già detto nella scorsa stagione: l’inizio degli anni ’90 è stato un momento magico per la musica, paragonabile per certi versi a quella stagione a cavallo del 1970 in cui furono gettate le fondamenta di quello che oggi chiamiamo rock.

(ascolta l’audio della puntata qui sotto)

E, sempre nella prima serie di 10 Secondi, avevamo citato quello che rimane a tutti gli effetti forse il migliore album d’esordio di quel periodo: Under the table and dreaming, della Dave Mattews Band. Ecco: a nostro avviso, se oggi dobbiamo dire “forse il migliore”, il merito è di un gruppo americano di cui probabilmente si ricordano in pochi.

Curiosi? Il mistero è presto svelato. Stiamo parlando degli Spin Doctors. Un quartetto di New York, formato da basso batteria chitarra e voce, catalogato all’epoca nel filone delle jam band, ovvero quei gruppi che si caratterizzavano per i lunghi concerti dal vivo, con interminabili improvvisazioni strumentali, un po’ sulla scia dei Grateful Dead. Ne facevano parte la stessa Dave Matthews Band, i Phish, e tanti altri. Ma gli Spin Doctors non si fermano a questo: al contrario, i loro brani – su disco – sono concisi ed essenziali. E, soprattutto, hanno un grande gusto pop: ti agganciano dalla prima nota e sfociano in ritornelli irresistibili. Il loro primo album, intitolato Pocket Full of Kriptonite, è una vera fabbrica di singoli. Il primo della serie si intitola Little Miss Can’t Be Wrong, e fa così.

Ascolto Little Miss Can’t Be Wrong.

Era “Little Miss Can’t Be Wrong”, il primo singolo tratto dall’album d’esordio degli Spin Doctors. Questa è Dieci Secondi, su Radio Popolare.

Gli Spin Doctors hanno tutto. Una sezione ritmica quasi funky, una chitarra intrisa nel rock-blues classico e la voce scanzonata del cantante Chris Barron. Ma soprattutto una leggerezza, un’ironia che nel rock non sono frequenti: l’album è dedicato a Superman, come pure il brano di apertura, Jimmy Olsen’s Blues, e mostra in copertina una cabina telefonica, come quella in cui Clark Kent si cambia d’abito. Esce ad agosto del 1991 e sembra davvero annunciare una nuova era, una lunga estate di musica e di divertimento: e ancora oggi non si può ascoltare senza provare un senso di felicità, da inizio delle vacanze scolastiche.

E soprattutto, Pocket Full of Kryptonite è una cosiddetta “overnight sensation”: cioè da un giorno all’altro passa da college band simpatica a numero tre in America e in Inghilterra, e continua a sfornare singoli di successo. Alla fine le copie vendute saranno 10 milioni, divise in parti uguali fra Stati Uniti e resto del mondo. Con queste premesse, nel 1994 arriva il secondo attesissimo album, intitolato “Turn It Upside Down”, cioè “giralo al contrario”, “mettilo sottosopra”. Il primo singolo è un tentativo di virare il suono della band in un territorio più funky: si intitola “Cleopatra’s Cat”.

Spin Doctors Turn It Upside Down

Ascolto Cleopatra’s Cat.

Era Cleopatra’s Cat, da “Turn It Upside Down”, secondo album degli Spin Doctors. Questa è “Dieci Secondi”, su Radio Popolare.

Il primo singolo dell’album, in cui compaiono – oltre a Cleopatra – anche Giulio Cesare, Bruto e Marco Antonio, unisce ritmiche funky e testi ironici, surreali e colti. Tuttavia non rende un ottimo servizio all’album, che parte a rilento. Le vendite risalgono quando viene lanciato il secondo singolo, più vicino allo spirito rock del primo album. Si intitola “You Let Your Heart Go Too Fast”.

Ascolto You Let Your Heart Go Too Fast.

Era You Let Your Heart Go Too Fast, il secondo singolo tratto da “Turn It Upside Down” degli Spin Doctors. Questa è “Dieci Secondi”, su Radio Popolare.

Il secondo singolo dà una mano a risollevare le vendite, che alla fine si attesteranno su un paio di milioni di copie: un risultato che sarebbe di per sé molto apprezzabile, se non venissimo dai dieci milioni del primo album. Insomma, il miracolo non si ripete. Ed è un vero peccato, perché il secondo album contiene qualche gioiellino che non avrebbe sfigurato sul primo, come la delicata ballata “Indifference”.

Ascolto Indifference.

Era Indifference, da “Turn It Upside Down”, il secondo album degli Spin Doctors. Questa è “Dieci Secondi”, su Radio Popolare.

Indifference, indifferenza. Un titolo tristemente profetico per gli Spin Doctors. Perché è esattamente ciò che verrà riservato ai loro lavori successivi. Tanto che alcuni dei membri lasceranno la band, a partire dal pirotecnico chitarrista canadese Eric Schenkman, che – caso strano – proprio di Indifference era la voce solista.

Con il terzo disco, intitolato “You Got To Believe in Something”, la piega negativa prosegue, tanto che la casa discografica, la Epic, rescinde il contratto. Il quartetto, che nel frattempo ha sostituito altri membri, riesce a registrare un quarto disco, “Here Comes The Bride”, un buon album cui partecipa il tastierista Ivan Neville, e poi si scioglie intorno al 2000, anche per i seri problemi alle corde vocali del cantante, Chris Barron. Tutto finito, quindi?

No. In realtà la formazione originale degli Spin Doctors rientrerà in servizio nel 2002, più allo scopo di partecipare a concerti sporadici, qua e là, che sulla base di un vero progetto musicale. Poi, strada facendo, arriva un nuovo disco, “Nice Talking To Me”, per qualcuno il loro migliore disco dopo l’esordio del 1991, che tuttavia non sposta di una virgola la loro situazione in termini di vendite. La svolta avviene, però, qualche anno più tardi, quando il gruppo organizza un tour per promuovere l’edizione speciale per i 20 anni del primo – fortunatissimo – album: ed è qui che, invece di lasciarsi tentare dall’idea di provare a tornare ai fasti dei loro esordi, i quattro intraprendono una mossa spiazzante: diventano a tutti gli effetti un gruppo blues. Il tutto documentato da un nuovo album, intitolato “If The River Was Whiskey”, se il fiume fosse Whiskey. proprio come il brano che ascoltiamo.

Ascolto If The River Was Whiskey.

Era If The River Was Whiskey, dal sesto album in studio degli Spin Doctors. E questa è 10 Secondi su Radio Popolare.

E che blues! Non il blues-pop patinato che avremmo potuto aspettarci da una band newyorkese di successo, ma una musica che sembra venire da lontano – lontano nel tempo e nello spazio. Un suono sporco e senza convenevoli, che si riconnette al blues elettrico degli anni ’60 e che a tratti ricorda il boogie sudista, arcaico e contemporaneo allo stesso tempo, dei North Mississippi Allstars, la band dei fratelli Luther e Cody Dickinson.

Insomma, sì. Gli Spin Doctors sono vivi e lottano insieme a noi, potremmo dire. Certo, i dieci milioni di copie di “Pocket Full Of Kryptonite” sono un lontano ricordo. Ma è anche vero che se i quattro – oggi più o meno cinquantenni – non hanno investito male i loro soldi, potrebbero anche passarsela bene economicamente e divertirsi un sacco suonando blues in giro per l’America. Se volete sentirli, la prossima data è il 15 giugno, a Newcastle. Solo che non è Newcastle in Inghilterra, ma in Oklahoma.

Noi, intanto, siamo arrivati alla fine della settima puntata di 10 secondi. Un saluto da Luca Villani e appuntamento sabato prossimo sempre su Radio Popolare, sempre con la regia di Niccolò Vecchia, sempre alle 17. Quando voleremo in Inghilterra per parlare di uno dei gruppi più inglesi di sempre: gli Style Council di Paul Weller.