Calcio

Attenzione, è nato il Milan del futuro

26 Gennaio 2019

A settembre del 2016, sconfortato dall’ennesima campagna acquisti senza senso, avevo scritto un post in cui cercavo di identificare le principali caratteristiche del mercato del Milan, che per comodità riassumo qui: 1) acquistare giocatori dallo stipendio alto e dal valore basso; 2) perderli a zero; 3) non tenere conto delle esigenze della squadra.

Vi sembra esagerato? Se avrete voglia di rileggere quel post vi troverete una disamina caso per caso. Il resto lo ha fatto il tempo, perché dei giocatori di quella tragica stagione non è rimasto un ricordo proprio indelebile (il pezzo forte era il pur simpatico Lapadula, per dire).

Perché torno ora sull’argomento? Perché ora salta fuori un nuovo amministratore delegato che per soli sette milioni all’anno di stipendio dice che bisogna comprare giocatori giovani, dall’ingaggio ancora abbordabile, il cui valore possa crescere nel tempo. Capito? Devo avere perso l’occasione della vita: probabilmente Gordon Singer non legge il mio blog. Amen.

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Scherzi a parte, sono ovviamente molto contento che Ivan Gazidis abbia chiarito con forza quello che penso da tempo. E – di più – che sia avvenuto quanto auspicavo e cioè  (mi cito, immodestamente): “dovrebbero arrivare un vero amministratore delegato e un vero direttore sportivo a occuparsi professionalmente di quello che – troppo a lungo – per Adriano Galliani è stato una specie di costosissimo hobby, per di più in associazione con procuratori e presidenti a dir poco chiacchierati”.

Ancora di più. Sarà che sono un inguaribile ottimista, ma inizio ad avere la sensazione che – un po’ per bravura, un po’ per fortuna – il Milan si trovi oggi con un’ossatura di squadra quasi ideale per costruire un ciclo lungo: giocatori giovanissimi, di buona qualità, con un forte nucleo italiano, che nel futuro non potranno che migliorare e acquisire valore. Esattamente il contrario di quello che lamentavo in quel lontano ma vicino 2016.

Vediamo qualche caso concreto. Gianluigi Donnarumma è del 1999: guadagna troppo (colpa – o addirittura dolo – della gestione Galliani/Raiola, che lasciò il contratto da rinnovare a un solo anno dalla scadenza, indebolendo di fatto la nuova proprietà), ma è sicuramente un campione e una certezza sportiva ed economica per il futuro. Insieme a lui, Alessio Romagnoli (1995) e Mattia Caldara (1994) saranno con ogni probabilità fra i centrali della Nazionale italiana per molti anni. A destra, una ragionevole tranquillità è garantita da Andrea Conti (1994) e Davide Calabria (1996): al punto tale che purtroppo perderemo il promettentissimo Raul Bellanova (1999) per eccesso di terzini destri giovani! A sinistra, lo stesso Ricardo Rodriguez, che mi pare al più una buona riserva o un altrettanto buon uomo-mercato, è del 1992.

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A centrocampo attualmente giocano Frank Kessie (1996), Tiémoué Bakayoko (1994) e Lucas tal dei tali detto Paquetà (1997). Al centro dell’attacco, si alterneranno (o giocheranno insieme? Lo vedremo) il “veterano” Patrick Cutrone (1998) e il neo-acquisto Krzysztof Piątek (1994), affiancati da due vecchietti come Jesus Suso (1993) e Hakan Çalhanoğlu (1994).

Il caso di Piątek è particolarmente utile per descrivere quel mix di virtù e fortuna (cfr. Niccolò Machiavelli, antico direttore sportivo della Fiorentina) che sembra accompagnare le recenti mosse del Milan. Il polacco, infatti, arriva a seguito di un imprevisto potenzialmente disastroso: cioè la defezione del volubile Gonzalo Higuain che – imitando il suo ex- (degno) compare Leonardo Bonucci – ha capito improvvisamente di non essere a suo agio nel Milan. Higuain (31 anni compiuti) era stato preso con la formula del prestito oneroso (18 milioni) più diritto/obbligo di riscatto (a 35 milioni). Con il cambio, il Milan paga solo i primi 9 milioni del prestito, e con i 35 già pianificati acquista a titolo definitivo Piątek. Con la non trascurabile differenza che quest’ultimo guadagna 2 milioni all’anno (4 di costo aziendale) contro i 9,5 (19 lordi) di Higuain. Non solo: fra tre anni il cartellino di Higuain varrà poco, magari zero, per oggettivi limiti anagrafici; quello di Piątek ragionevolmente varrà molto. Una vicenda simile a quella (strettamente collegata) in cui il Milan ha di fatto scambiato Leonardo Bonucci (32 anni, 7,5 milioni netti all’anno) con il già citato Caldara.

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Attenzione: è quasi certo che al momento la coppia Higuain-Bonucci sia più forte di quella Piątek-Caldara. Tanto è vero che entrambi i primi sono andati in squadre che hanno necessità assoluta di vincere subito (la Champions League nel caso della Juve, qualsiasi cosa nel caso del Chelsea). Non solo: è addirittura possibile che i secondi due non arrivino mai ai livelli di assoluta eccellenza dei primi due. Ma è certo che per una squadra che sa di dovere aprire un ciclo economico-sportivo e non staccare un dividendo immediato, e che fa i conti con le ristrettezze imposte per una volta non dalla proprietà ma dal regolamento Uefa (il famoso Financial Fair Play), la situazione che si è delineata sembra finalmente quella giusta.

Che cosa serve, adesso?

Tempo, innanzitutto. Una squadra così giovane (e incompleta) non può vincere subito. Quindi serve una proprietà lungimirante e paziente: e le prime parole di Ivan Gazidis, che parla “on behalf ofPaul Elliot Singer, cioè quello che ci mette i soldi, fanno ben sperare. Ovvio che arrivare quarti e disputare quindi la prossima Champions League farebbe un’enorme differenza: ma vincolare a questo risultato la bontà del progetto e il destino dell’allenatore e degli stessi manager (come troppo spesso si legge) sarebbe un’evidente assurdità.

Poi serve qualche acquisto: un terzino sinistro più “profondo” e veloce di Rodriguez, magari giovane e italiano; un regista di centrocampo, che si alterni a Biglia e che poi ne raccolga l’eredità (Sandro Tonali del Brescia, classe 2000, il sosia di Pirlo che adora Gattuso, o il più maturo Stefano Sensi del Sassuolo sarebbero dei nomi interessanti, anche per giugno); un esterno sinistro d’attacco più offensivo di Çalhanoğlu, perché se giochi con il 4-3-3 entrambi gli esterni devono “produrre” come delle vere punte (guardate la distribuzione dei gol nel Liverpool, per farvi un’idea di come dovrebbe funzionare). Nel medio-breve, il ritorno di Gerard Deulofeu (1994) potrebbe essere una bella suggestione; per il futuro confido nella scoperta di qualche talento oggi sconosciuto.

Già, perché il Milan oggi sembra avere anche una struttura manageriale all’altezza: non solo il già citato Gazidis (1964), ma anche quello che è considerato il Neymar degli osservatori, Geoffrey Moncada (31 anni), ex-Monaco, che proprio in questi giorni ha portato a Milanello un terzino sinistro francese, Leroy Abanda, e un centrale difensivo portoghese, Tiago Djalo, entrambi del 2000, ricercatissimi (specie Djalo) dai massimi club euroopei. Per ora verranno aggregati alla Primavera di Federico Giunti, ma non si sa mai.

Insieme a loro, il trittico rossonero composto da Leonardo, Paolo Maldini e soprattutto Gennaro Gattuso potrebbe davvero ricostruire quel mix di milanismo e di professionalità che manca da troppi anni. Non per vincere subito. Per tornare grandi a lungo, che è una cosa profondamente diversa, specie nel 2019.