Milan

Come perdere con l’Udinese e (non) vivere felici

28 Agosto 2019

Marco Giampaolo MilanLa partita contro l’Udinese era una partita da perdere doverosamente.

Sì, perdere. E non solo: perdere in modo cervellotico, irritante, impiegando giocatori sbagliati e fuori ruolo.  Perdere in grande stile, insomma.

Perché? Perché dal 19 giugno allenatori, ex-giocatori, dirigenti, addetti ai lavori vari, giornalisti (vabbè, non contano: salvo pochi, ripetono quello che sentono dire) ci raccontano che il nuovo allenatore Marco Giampaolo è un “maestro di calcio”, uno con grandi idee tattiche, intransigente, quasi fanatico. E infatti Marco Giampaolo si presenta con le stimmate del visionario e con un modulo – il 4-3-1-2 – che richiede grande coraggio, proprio perché si basa su quell’”1”, il mitico trequartista, il numero Dieci, che oggi non va proprio per la maggiore (che cosa ne penso l’ho scritto il 30 giugno e comunque ci torniamo dopo).

Ma tant’è: abbiamo voluto il “maestro di calcio”, il visionario, quello che “se i fatti non coincidono con le mie idee, tanto peggio per i fatti”? Va bene, ce lo prendiamo. Un po’ perché negli ultimi anni abbiamo visto così tante assurdità che questa non sarà peggio delle altre; e un po’ perché, anche se non ce lo diciamo a voce alta, il profilo del profeta intransigente ci ricorda tanto quello di Arrigo Sacchi, uno che quando è arrivato a Milanello sistemava Mauro Tassotti e Paolo Maldini (!) a bordo campo affinché potessero apprendere i movimenti dei terzini eseguiti correttamente da Mussi e Bianchi. Ma sì, ci siamo detti, abbiamo visto tante glorie rossonere bruciate nel giro di pochi mesi su quella maledetta panchina: se deve essere un altro, che sia un altro da tutti i punti di vista; se non può parlare al nostro cuore, parli al cervello, ci sorprenda, ci disorienti, ci insegni qualcosa di nuovo.

E fino alle 23 circa di domenica 25 agosto, Giampaolo è stato perfetto: ha schierato una formazione semplicemente delirante, ma perfettamente coerente con il personaggio annunciato. Ha cioè scelto i giocatori che avevano svolto tutta la preparazione (iniziata il 9 luglio) e che quindi avevano avuto modo di apprendere il “verbo”, quale che fosse, i meccanismi a orologeria della difesa, gli algoritmi che regolano i millimetrici spostamenti del centrocampo, i passi del Deuteronomio che ispirano le vie insondabili del Trequartista. Bene. Giusto.

Naturalmente se schieri Calhanoglu regista (eh?), Borini mezzala (il povero Fabione le ha fatte davvero tutte, ma la mezzala no), il gracile Castillejo seconda punta e – finalmente! – Suso trequartista, il risultato è che giochi male e perdi contro un’Udinese saggiamente coperta e agguerrita.

A questo punto cosa fa l’allenatore-guru, il profeta? Si presenta in sala stampa ostentando soddisfazione (ma come? Ebbene sì) e dice: “Ho visto ottime cose (falso, ma fa parte del personaggio), alternate ad altre meno buone. È chiaro che il modulo è nuovo e alcuni giocatori si sono sacrificati fuori ruolo: ci sarà tanto lavoro da fare, e non tutto sarà perfetto da subito, ma quando tutti i giocatori saranno inseriti nel nuovo sistema allora finalmente vedremo il gioco che abbiamo perfettamente in mente”, che poi è quello che Giampaolo ci ha detto dopo ogni amichevole estiva giocata male. Poi al limite torna a casa e pensa: “Forse è meglio cambiare modulo, far giocare i migliori, possibilmente nel loro ruolo, specie quel ragazzone, Leao, che da solo tiene impegnati due difensori”: ma lo fa sembrare un’evoluzione, un “a maggior ragione” (come diceva un mio geniale amico quando aveva così palesemente torto che sorprendeva l’interlocutore girandogli intorno e sbucando dall’altra parte), due passi avanti e non uno indietro.

Jesus Suso Milan

E invece cosa fa Giampaolo? A partita finita da pochi minuti arriva davanti alle telecamere di Sky e non tenta nemmeno un accenno di guruismo, di incomprensibilità, di psichedelia. Niente. A capo chino ammette, piatto piatto, che “forse questo modulo non è adatto ad alcuni giocatori”. Eh? Li alleni dal 9 luglio, siamo al 25 agosto, ci imponi una partita orrenda con una formazione che è una provocazione alla Duchamp e poi dopo 90 minuti scopriamo che non era vero niente? Increduli, dallo studio gli chiedono: “Ma intendi dire che potresti cambiare modulo?”. “Eh, sì”, risponde il nostro, più ragionevole di un ragioniere della Fiat ai tempi di Valletta. “Magari tornando al 4-3-3?”, insistono dallo studio sempre più stupefatti, forse sperando che il guru si ribelli. “Eh, magari sì: è più adatto a tanti nostri giocatori, tipo Piatek, che preferisce giocare da punta unica (peccato che a Genova giocasse con Kouamé e segnasse a grappoli) e Suso, che tende a spostarsi a destra”. Che tende a spostarsi a destra? Che tende? Adesso mi spiace tediarvi, ma è venuto il momento di leggere quello che ho scritto il famoso 30 giugno, così ci capiamo:

“…e – ! – di Jesus Suso (Giampaolo ha detto che ‘lo vuole provare’, speriamo sia una mossa per alzarne il prezzo), uno che nella vita non si è mai mosso dai suoi due metri per due sulla fascia destra, da dove fa due passi e talvolta libera il suo (invero meraviglioso) sinistro per crossare o meglio per tirare sul secondo palo. Siamo sicuri? Siamo sicuri che uno di questi tre ragazzi possa fare il trequartista? Io mica tanto…”.

Capito? Io – tifoso semplice – lo sapevo. Giampaolo ha voluto (e potuto) provarlo per circa 45 giorni consecutivi, in allenamento e in amichevole. Ci sta, perché io sono un tifoso semplice e lui è un guru, un “maestro di calcio”, eccetera. È giusto, ha ragione lui: nessuno avrebbe messo Pirlo davanti alla difesa, Ancelotti lo ha fatto perché è un grande allenatore. Quindi Giampaolo ha tutto il diritto di avere torto continuando ad avere ragione. Cessa di avere ragione quando diventa ragionevole (mi seguite sempre?), cioè quando ragiona come noi poveretti. E rovina così quella che poteva essere una meravigliosa sconfitta, perché dentro quella sconfitta informe e balzana, accartocciata in fretta e gettata nella spazzatura, c’era un cartiglio dorato con scritto “il gruppo viene prima dei singoli, il metodo e l’applicazione sono più importanti del talento, sappiate che io ragiono così e regolatevi di conseguenza, pensate a Mussi e Bianchi, vedetela in prospettiva” e tutte quelle belle cose lì da guru sacchiano pazzo furioso ma affascinante. E invece no. Normalizzazione. O forse un messaggio – molto forte – alla dirigenza, da cui si aspettava altro (ma in questo caso è peggio).

E adesso?

E adesso contro il Brescia (partita che a questo punto NON si può perdere, specie pensando al derby alla quarta giornata e a Lukaku che fa scempio dei nostri corpi come in un episodio della serie Vikings) c’è la forte sensazione che Giampaolo schieri un “normale” 4-3-3 in cui immaginiamo Bennacer regista, Paquetà e Kessiè mezzali, ovviamente Piatek prima punta. Quanto agli esterni, saranno certamente Suso a destra (perché tende a defilarsi, lo sapevate?) mentre a sinistra la speranza dice Leao ma la ragione dice Calhanoglu: in pratica vedremo il Milan dell’anno scorso, dopo avere speso circa 60 milioni e 45 giorni di preparazione.

Non so voi: io di questa improvvisa ventata di normalità non sono proprio entusiasta. Tanto più che allora il mercato andava fatto in modo diverso e – per farla semplice – avremmo dovuto concentrare gran parte delle (poche) risorse su un esterno offensivo forte e veloce (o addirittura due), con 10/15 gol stagionali in dote, perché della lentezza del buon Calhanoglu, “che in allenamento fa cose incredibili” e “in Bundesliga segnava sempre” non ne possiamo più. Ma – scusate ancora la citazione – “gli uomini di mercato si riconoscono non tanto da chi comprano ma piuttosto da chi vendono, e ovviamente a quali condizioni”.

Pazienza. Impareranno. Aspetteremo.