Dieci secondi - Anno 1, puntata 2

Bon Iver: Bon Iver

25 Marzo 2018

Dieci Secondi, su Radio Popolare – Stagione 1, puntata 2 – 19 gennaio 2017

Buonasera da Luca Villani e benvenuti alla seconda puntata di “Dieci Secondi”, il programma di Radio Popolare che si chiama così NON perché dura dieci secondi – altrimenti sarebbe già finito – ma perché è dedicato a dieci secondi album che – come ci ricorda Caparezza nella nostra sigla – “sono sempre i più difficili”.

(Ascolta qui l’audio della trasmissione)

Nella prima puntata, forse lo ricorderete, abbiamo ascoltato – e riabilitato, a mio avviso – un secondo album considerato minore, Communique, dei Dire Straits, anno 1979. Stasera cambiamo. Cambiamo continente, andiamo in America, e cambiamo epoca. Il protagonista della nostra puntata si chiama Justin Vernon. È un giovane musicista del Wisconsin, nord degli Stati Uniti, che ha fondato il classico gruppo indie-folk con i vecchi amici dell’università. Ma a un certo punto la sua vita si complica: il gruppo non va da nessuna parte, la sua relazione sentimentale si interrompe, e anche la salute non è buona. E allora che cosa fa, Justin? Si rifugia in una casetta di montagna, quella che gli americani chiamano “cabin” e che usano per andare a caccia e a pesca. E qui rimane tre mesi, da solo. Per fortuna, nostra e sua, si porta una chitarra, un microfono e un po’ di aggeggi musicali.

Justin Vernon

Per fortuna, dicevamo: perché quando torna nella civiltà, scopre di avere tra le mani un intero album, praticamente già pronto per la pubblicazione. , cioè “buon inverno”, in francese, ma scritto senza acca. Ed è stato proprio un buon inverno, quello passato nel capanno: perché il risultato è uno dei migliori album d’esordio degli ultimi anni; e un singolo che entra subito in testa e nel cuore. Parla di un amore magro. Così magro, così evanescente, che forse non è neppure un vero amore. Si chiama, appunto, Skinny Love.

Ascolto Skinny Love.

Era Skinny Love, dall’album di esordio dei Bon Iver, e questa è Dieci Secondi.

Skinny Love, come buona parte di questo folgorante album d’esordio, diventa un classico contemporaneo. I brani di “For Emma” si ascoltano nelle serie tv di successo, e fioccano le cover, anche da parte di artisti molto famosi: Ed Sheeran, per citarne uno solo. Che però non sono mai all’altezza degli originali: perché sono il falsetto di Justin Vernon, così fragile, e la sua chitarra acustica, sferragliante, quasi precaria, a rendere unica questa musica.

Ma Justin Vernon non è i Bon Iver. È soprattutto uno spirito curioso, eclettico. La sua passione sono le collaborazioni: che sia come autore, come cantante, come produttore, Justin non sta fermo un attimo.

E non si limita a collaborare con i gruppetti indipendenti del Wisconsin, come una sorta di fratello maggiore forte del successo di “For Emma”. No: Justin ollabora anche con artisti famosi. Il caso più eclatante è quello che riguarda il rapper Kanye West, quanto di più lontano da lui si potrebbe immaginare. Tutto comincia con un brano di Kanye West del 2010, che si apre proprio con un campionamento della voce di Justin, sul quale lui registra una nuova parte vocale. Si intitola “Lost in the world”.

Ascolto Lost In The World.

Era Lost in the World, di Kanye West, featuring – come si usa dire – Justin Vernon. E questa è “Dieci Secondi” su Radio Popolare.

Che cosa è successo? Che cosa ci fa questo ragazzone spettinato e sgualcito nello studio del rapper miliardario e modaiolo, futuro marito di Kim Kardashian? A quanto pare è stato tutto molto naturale: Kanye lo ammirava molto per il suo disco, lo ha invitato, lui è andato e si è divertito un sacco. “Ciao mamma, sono alle Hawaii”, sembra di sentirlo dire.

Intanto ci avviciniamo al punto. Perché in questi stessi anni Justin lavora, fra mille distrazioni come abbiamo visto, anche al secondo album dei Bon Iver, che esce finalmente nel 2011 e che, particolare divertente, non si sa come si intitoli: poiché sulla copertina compare due volte la scritta “Bon Iver”, non è chiaro se un Bon Iver è il titolo e l’altro è il nome dell’artista, o se l’album si chiama “Bon Iver, Bon Iver”, come molte testate riportano.

Bon Iver Bon Iver

Come che sia, il disco coglie tutti di sorpresa. Di certo, non è il seguito di “For Emma”: se l’esordio era vuoto, scarno – voce, chitarra e poco altro – qui è tutto più pieno. Justin si è costruito uno studio a due passi da casa, e la sensazione è che ci passi molto tempo, forse anche troppo, a sovraincidere voci e strumenti e a giocare con vecchi sintetizzatori vintage, alla ricerca di un nuovo suono che corrisponda alla sua sensibilità musicale in costante evoluzione. Una cosa resta: la sua voce.

E allora ascoltiamo entrambe le cose: la voce magica di Justin Vernon, ma anche questo nuovo gusto per l’arrangiamento. Il primo brano, come quasi tutte le tracce del disco, ha il nome di un luogo: in questo caso, Calgary.

Ascolto Calgary.

Era Calgary, il primo singolo tratto dal secondo album dei Bon Iver. Questa è “Dieci secondi” su Radio Popolare.

Questo secondo disco divide la critica. Per Pitchfork è il disco dell’anno, per Allmusic è una delusione, giusto per citare due autorevoli testate musicali. L’album, comunque, vincerà due Grammy e farà di Justin Vernon se non una star, certo un musicista conosciuto e rispettato. Il mio parere? È sempre sbagliato pretendere che un artista faccia il disco che ci aspettavamo da lui: perché se non ci sorprendesse, non sarebbe un artista. Però, se c’è un album dei Bon Iver che riascolteremo a lungo, che diventerà classico, io credo che quell’album non sarà questo, ma il primo.

Intanto ascoltiamo un altro brano di questo secondo album, che si avvicina un po’ di più alle atmosfere di “For Emma”. Anche qui un riferimento geografico; e un gioco di parole, vera passione di Justin. È un incrocio fra Michigan – lo stato americano – e can’t, cioè “non posso”. Cioè, Michicant.

Ascolto Michicant. 3’46”

Era Michicant, uno dei brani migliori del secondo album dei Bon Iver.

Dopo l’uscita dell’album, il gruppo inizia un tour. Ma durante l’ultima data, a Dublino, Justin annuncia a sorpresa “che questa sarà l’ultima performance della band, almeno per un po’”, “at least for a while“: un’espressione vaga che preoccupa i fan. L’impressione è che la fatica, anzi, forse proprio l’aspettativa nei confronti del fatidico secondo album abbia prosciugato la sua ispirazione.

Ma questa volta Justin non scompare nei boschi, anzi. Congelati i Bon Iver, libero dalle responsabilità, riprende a dedicarsi alle collaborazioni. E, oltre a partecipare a un altro disco di Kanye West nel 2013, riattiva un paio di sue band giovanili, fra cui gli Shouting Matches, un trio di rock-blues dagli accenti sudisti, nel quale canta come Otis Redding, suona la chitarra solista e sembra divertirsi un sacco. Nel 2013 gli Shouting Matches pubblicano un album, dal quale ascoltiamo Gallup, New Mexico.

Ascolto Gallup NM.

Era Gallup, NM, dall’album degli Shouting Matches, uno dei tanti progetti paralleli di Justin Vernon.

Ma, i Bon Iver? Esisteranno ancora? E quale sarà, nel caso, la direzione che Justin sceglierà per la formazione che gli ha dato la celebrità? La domanda ha trovato una risposta il 30 settembre del 2016, quando il gruppo ha pubblicato il suo terzo album, intitolato “22, a Million”. Se il secondo album era scandito dai luoghi, infatti, questo è attraversato da simboli matematici e ogni canzone comprende almeno un numero nel titolo.

E musicalmente? I Bon Iver – c’era da aspettarselo – sono cambiati ancora. Gli strumenti acustici sono stati – verrebbe da dire – gradualmente espulsi. Ora dominano le tastiere, gli effetti, i campionamenti, e naturalmente la voce di Justin, ma sempre più trattata. Siamo di fronte a un nuovo genere, che qualcuno ha definito “folktronica“.

“22, a Million”, insomma, è un album che disorienta, a tratti quasi irrita per la fatica cui ci costringe, e poi – magari dopo diversi ascolti – ci viene incontro, ci fa dire: “ah, sì, eccolo”.

Ne ascoltiamo il brano forse più particolare, nel quale l’unico strumento è proprio la voce, ma una voce moltiplicata e processata attraverso l’auto-tune, quell’effetto che (di nascosto) i cantanti usano per migliorare l’intonazione, ma che Justin ribalta, utilizza in modo palese, per disumanizzare la sua voce. È un brano umano e artificiale insieme, una canzone d’amore proveniente dal futuro. Che ci commuove, e ci fa concludere che qualsiasi cosa Justin Vernon vorrà fare, noi gli vorremo bene.

Si intitola “715 – Creeks”.

Ascolto “715 – Creeks”. 

Era “715 – Creeks”, dal recente terzo album dei Bon Iver. E sulle sue note elettroniche e filtrate si chiude questa seconda puntata di “Dieci Secondi”, il programma di Radio Popolare dedicato a dieci secondi album. Io sono Luca Villani, vi ringrazio per averci seguiti. L’appuntamento è a giovedì prossimo, sempre alle 21,30: torneremo in Inghilterra, parleremo di Margaret Thatcher e della guerra delle Falkland, sulle note di un grande e un po’ sottovalutato gruppo degli anni ’80: gli scozzesi Big Country. Buona serata, e buoni ascolti.