È brutto dirlo, ma negli ultimi venti anni in Italia quasi tutto è peggiorato. Prendete una graduatoria qualsiasi: la produttività, la libertà di stampa, il potere d’acquisto, la pressione fiscale, la spesa pubblica, la burocrazia, la disparità nelle retribuzioni. Persino la quota di mercato nel turismo. Per dire: l’Italia è l’unico Paese europeo nel quale il Pil procapite è diminuito negli ultimi 15 anni, mentre in tutti (tutti!) gli altri cresceva, dal 22 per cento della Germania all’8 per cento della Spagna, al due e qualchecosa della Grecia (la Grecia?), poco ma pur sempre positivo. Peggio, peggio, peggio.
Capito? Altro che crisi. La crisi c’è stata per tutti: ma se l’Italia perde posizioni in ogni campo non è per colpa della crisi, ma per come la crisi ci ha trovati: impreparati, indebitati e immobili (le vere “tre i”, altro che quelle – inapplicate – della propaganda berlusconiana!). È un gran peccato, perché in questi vent’anni le occasioni non sono mancate: ci sono stati due cicli economici e borsistici tutto sommato espansivi (1996-2001 e 2002-2008), veri eldorado rispetto alla lunghissima recessione in cui viviamo da cinque anni. Ma li abbiamo usati male, senza fare quelle riforme economiche e amministrative che andrebbero fatte quando l’economia cresce e che ora si cerca di fare (male e timidamente) con poche risorse e quindi con pochissima efficacia e molto disagio sociale.
Ora: Silvio Berlusconi (che in questi 20 anni ha governato più di tutti, talvolta con maggioranze molto ampie) ha lanciato il suo nuovo partito, Forza Italia. Come nel ’93. Un incubo degno di “Ricomincio da capo” (il film con Bill Murray inviato a seguire il giorno della marmotta), se non da “Notte dei morti viventi”. Ma perché Berlusconi, certamente dotato di intuito politico, non si avvede dei rischi di proporre all’Italia di tornare indietro di vent’anni, vent’anni peraltro di cui andare pochissimo fieri?
Probabilmente perché Berlusconi – ossessionato dal mito del corpo, della giovinezza, della bellezza, come dimostra il suo pesante make-up che ormai lo rende simile a una mummia – vent’anni fa era più giovane di vent’anni. Poi perché il rilancio di Forza Italia suffraga il mito (falso) del “Berlusconi del ‘94”, cioè di un Berlusconi rivoluzionario e liberale, che tuttavia non si è mai visto: il Berlusconi vero si presentò con il tentativo di piazzare Previti alla Giustizia (andò poi alla Difesa) e con il decreto “salvaladri” a firma del ministro Biondi. Infine perché questi vent’anni per Berlusconi sono stati estremamente proficui: ha salvato le sue aziende, che nel ’94 – malgrado gli aiuti politici ben oltre i limiti del regolamento – erano oberate di debiti, di fatto di proprietà delle banche, le quali avevano imposto Franco Tatò alla guida di Fininvest, alla faccia dell’altro mito, quello del Berlusconi bravo imprenditore.
Per tutto questo, forse. E poi perché non sa andare da nessun’altra parte. Perché non ha (non ha mai avuto?) alcuna idea politica che non fosse inveire contro i giudici e i comunisti. Perché, abilissimo campaigner, quando gli è toccato governare non lo ha saputo fare, a parte la nutrita serie di leggi ad se ipsum.
Allora prova a trascinarci nel passato, in una replica del suo rovinoso ventennio. Ma a metterci in guardia dovrebbe essere il fatto stesso che lo proponga. Rilanciando Forza Italia, in realtà Silvio Berlusconi firma la resa, dichiara di non avere alcuna idea sul futuro: fa, insomma, il più chiaro dei coming out, dicendoci in modo inequivocabile: “Non ascoltatemi. Sono un morto che cammina. Scappate”.