Politica

Il referendum, visto da Milano

29 Novembre 2016

Milano night

Avvicinandosi la scadenza referendaria, mi pare doveroso spiegare (in tre semplici punti) perché voterò “Sì” e – soprattutto – perché mi pare importante farlo. Sono pensieri un po’ disordinati. Se sono andato fuori tema (è probabile) siate indulgenti.

1. Il merito della riforma

Per quello che posso capirne io, che non sono un costituzionalista bensì un cittadino mediamente informato, questa è una buona riforma, attesa da decenni. Agisce su due grandi problemi dell’impianto istituzionale italiano, uno antico e uno recente.

Quello antico è il bicameralismo paritario, che non è un dogma e non piace a nessuno, nemmeno ai Costituenti che mai lo difesero bensì lo usarono come compromesso da migliorare quanto prima. Due Camere che fanno la stessa cosa sono semplicemente un assurdo.

Quello recente è il conflitto fra Stato e Regioni, introdotto dalla sciagurata riforma del Titolo V, che in buona sostanza ha reso ancora più difficile governare il nostro Paese, già abbastanza frammentato e campanilista.

Poi ci sono tante altre cose, ma per me il senso della Riforma è qui: semplificare, diminuire gli attriti e le burocrazie, senza per questo (ovviamente) diminuire i contrappesi. Se nel fare questo si risparmiano soldi, mi fa piacere: ma penso soprattutto all’efficienza complessiva del sistema.

La Riforma è frutto di mediazioni, è stata fatta con il concorso di tutto il Parlamento, è stata votata sei volte fra Camera e Senato, ha subìto mi pare 122 emendamenti. Quindi è una riforma largamente condivisa. Molti esponenti (seri) del centrodestra sono a favore (Albertini, Pera, Urbani, Tosi). L’unica domanda sensata che andrebbe fatta, e che ho sentito fare pochissimo, non è “perché Sì?”. È (a Berlusconi, a Bersani, a Brunetta): “Perché l’hai votata in Parlamento e adesso inviti a votare No?“. Tutto il resto sono chiacchiere.

2. Le conseguenze politiche e di sistema

Naturalmente il voto referendario è anche un fatto politico: è sempre un fatto politico, quando ci si schiera e ci si conta (D’Alema, nella sua sconclusionata esperienza di governo, si dimise dopo un turno amministrativo, per dire).

Quindi se vince il “no” io non so se Renzi debba dimettersi, ma certo il Governo è più debole. E quindi? A parte il Movimento 5 Stelle, che ha interesse ad andare al voto (e certamente ha un marketing politico per il quale la confusione e la paura sono essenziali) non riesco – davvero – a capire a chi convenga.

Se il Governo sarà più debole, saremo un Paese più debole. Più spread, più debito, meno autorevolezza, meno investimenti. Meno nuove aziende, meno indotto delle nuove aziende: meno tutto. Cioè meno posti di lavoro. I nostri posti di lavoro.

L’Italia va un po’ meglio. Per rendersene conto basta chiudere Facebook, il protestificio che lavora su tre turni. Lo dicono i numeri macroeconomici (Pil in crescita, occupazione in crescita), ma lo dicono anche tanti indicatori microeconomici. Lo dicono gli imprenditori: “Il governo sta facendo cose buone per le aziende”.

Perché una sola persona (Berlusconi incluso) dovrebbe auspicare che tutto questo si interrompa o quantomeno rallenti, vista la fatica fatta per uscire da una lunghissima crisi?

O avete un’alternativa, per il giorno dopo? Onestamente.

3. Il caso Milano

Nell’ultimo mese circa ho avuto modo di sentir parlare in pubblico il sindaco di Milano, Beppe Sala, in due occasioni. In entrambe ha fatto un discorso molto, molto pragmatico (come è lui, mi pare). “Milano, lo vediamo, sta vivendo una grande rinascita. Ma c’è di più: possiamo provare a fare della nostra città un hub europeo di primo livello, e la Brexit è un’occasione unica. Possiamo andare a prenderci magari un’agenzia europea, magari qualche sede di multinazionale”, ha detto. “Ma per farlo occorre che la forte collaborazione fra l’amministrazione locale e il governo, che produce fondi e sostegno politico, non venga meno proprio ora”.

Ecco. Sappiate, sappiamo, che in questo referendum c’è anche un pezzo non piccolo del futuro di Milano. Perché per fare i parchi al posto degli scali ferroviari occorrono tanti soldi. Perché Milano, che in qualche modo se la cava sempre, può dare una grande mano a tutta Italia, specie a quella che fa più fatica.

Magari non c’entra, magari non vi interessa: ma io giro, guardo la mia città, mai così viva, così piena di cose nuove, e non riesco a non pensarci.