Turismo

La torta di riso è finita…

29 Agosto 2014

Avete presente le gag della “Torta di riso” nelle quali si vede un malcapitato turista maltrattato da un ristoratore/albergatore/taxista ligure a fronte di una richiesta apparentemente innocua? Ecco. Qui siamo a Levante e non a Ponente (gli autori sono savonesi), ma lo stile ligure è rappresentato in tutta la sua pienezza.

Arriviamo – mia moglie e io – a Levanto dopo una bella passeggiata da Bonassola. Abbiamo voglia di fare uno spuntino e (pensa un po’) vorremmo andare in bagno. Ci dirigiamo senza indugio alla storica pasticceria Bianchi, vediamo che ci sono tavoli liberi sia dentro che fuori, chiediamo di poterci sedere all’esterno e, a scanso di equivoci, ordiniamo subito: tre tipi di torta, acqua, caffè, cappuccino.

bianchi

Poi io chiedo di andare in bagno: una delle commesse mi indica un passaggio cui si accede passando dietro al bancone (una soluzione piuttosto originale, che forse avrebbe dovuto fornire un indizio sull’apertura alla clientela), così mi avvio. Quando sono già dietro il bancone e sto cercando la porta, una signora mi si para davanti con aria seccata. “Eh, no!”. Che ho fatto, mi chiedo? Ho ordinato prima, proprio per non dare l’idea di essere uno scroccone che vorrebbe usare il bagno senza pagare l’obolo, cosa che – ci scommetto – infastidisce a morte i simpatici liguri.

“Andrei in bagno”, azzardo. “No! Il bagno è intasato!”, prorompe la signora sempre più seccata. “È venuta qui della gente stamattina, chissà che cosa ci hanno buttato dentro”. Dal tono si capisce che la signora mi ritiene quantomeno complice dei famigerati intasatori di bagni, se non addirittura il mandante, e non – come dovrebbe essere – un suo prezioso cliente, vittima di una situazione molto fastidiosa di cui non ha nessuna colpa, da approcciare con le scuse e il sorriso.

“Ma signora”, le dico, “allora guardi che non ci possiamo fermare: abbiamo bisogno di andare in bagno, ha poco senso che consumiamo se poi dobbiamo cercarne un altro (dove ci tratteranno altrettanto bene, penso ma non dico)”. E lei, senza più rivolgersi a me, senza un sorriso di umana simpatia per un povero cristo cui scappa la pipì, senza una parola di scusa, grida alla cameriera: “Ferma tutto, che vanno via!”. Certo: non vorrai mica sprecare un caffè, ti pare?

La situazione è surreale. Siamo in vacanza e abbiamo pensato di concederci un break nella più caratteristica pasticceria del posto. Che male abbiamo fatto? Perché veniamo trattati come ospiti indesiderati? Mi verrebbe anche da dire: perché i vostri bagni si intasano? Perché non li sgorgate? Forse perché negli anni in cui avete guadagnato a più non posso non avete fatto uno straccio di investimento in un tubo più largo? O perché – in fondo – non avere gente che vi viene a evacuare in casa vi fa solo piacere?

Morale: non possiamo fare altro che andarcene alla ricerca di un locale in cui, oltre ai nostri soldi, accettino anche un po’ della nostra umana pipì. Ma non riesco a trattenermi e, uscendo, dico: “Certo che queste cose succedono solo in Liguria”. Non sia mai! Lesa maestà. Dall’interno del locale parte un coro di voci alterate. Rientro in tempo per sentire una delle gentili inservienti che mi dice molto educatamente: “Andate a farvi un giro”.

Certo, andiamo. Nel nostro giro troveremo altre assurdità e scortesie assortite, tipo un bar sulla piazza principale che – in una domenica di luglio! – chiude alle 15.00 per “riposo pomeridiano” e, per non essere turbato dalla presenza di ospiti paganti, qualche minuto prima delle 15 piazza una bella e decorativa seggiola di traverso all’ingresso del dehor, un vero biglietto da visita dell’Italian Style! Ma anche persone cortesi che simpatizzano e ci dicono “è proprio vero” (la squisita signora della pasticceria Perla, che insiste per prestarci un suo ombrello perché ha iniziato a piovere), o che si limitano a servirci cortesemente e hanno un bagno pulito e funzionante (l’enoteca Cristal).

Una sola raccomandazione: la prossima volta che le cose andranno male per il turismo in Liguria (immagino presto, forse già quest’anno, e mi dispiace davvero), non invocate lo stato di crisi (cioè i soldi del contribuente, che però non avete voluto quando ero lì per darveli). Fate l’unica cosa che andrebbe fatta e che fate troppo raramente: sorridete ai clienti, dite “scusi”, “per favore”, “grazie”, “troviamo subito una soluzione”. Intanto fatevelo voi “un giro”. Andate in Romagna a vedere come funziona il business del turismo, fatto di pianificazione, investimenti, elasticità, servizio, orari modellati sulle esigenze del cliente. Quello che fate voi non è lavoro: è una cosa che – lo si capisce lontano un miglio – vi siete trovati senza merito, fate malvolentieri e vi riesce male.