Food

O’ Malomm, le pizze più buone (e non solo)

1 Maggio 2013

La visita a O’ Malomm, la pizzeria di San Patrignano, è diventata una tradizione ogni volta che siamo in Romagna. E anche quest’anno non ci siamo sottratti. Perché percorrere i 50 chilometri circa che da Cervia ci portano a Coriano, sulle colline sopra Rimini? È presto detto: le pizze di O’ Malomm sono straordinariamente buone: ogni ingrediente, a partire dal lievito madre naturale, passando per le farine, il pomodoro e le farciture, proviene da produzioni di alta qualità Dop oppure dalla stessa azienda agricola di San Patrignano.

Malomm

Il risultato è una vera festa per il palato ma anche per gli occhi. Le pizze, in stile napoletano (non troppo spesse né troppo sottili, con l’ampio “cornicione”) sono proposte in numerose varianti, con abbinamenti in alcuni casi imprevedibili. Per ogni pizza, inoltre, è possibile scegliere l’impasto base oppure quello consigliato: grano spezzato e farina di farro, crusca tostata, kamut, enkir.

Non solo. Se si desidera assaggiare un numero maggiore di pizze (il che è del tutto plausibile, vista la scelta) è possibile ordinarle in modalità degustazione: ogni pizza arriva divisa in otto spicchi in modo che diversi commensali possano assaggiarla. E, soprattutto, che il piacere dell’attesa, della sorpresa e della scoperta si rinnovi più volte. È quello che abbiamo fatto noi, degustando nell’ordine: una O’ Malomm! (Straccetti di mozzarella fior di latte, burrata pugliese, prosciutto crudo, impasto di grano spezzato e farina di farro); una Ciro (mozzarella fior di latte, gorgonzola, noci, miele, prosciutto crudo, con impasto di grano spezzato e farina di farro); una Chiana Chiana (pomodoro, crudo di carne chianina battuta al coltello, salsa all’uovo e spumante, porcini crudi, pecorino di miniera, impasto di kamut); una Fabio Rossi (radicchio brasato con Aulente rosso – un vino prodotto a San Patrignano, ndr – dadolata di grotta con cialda di pancetta di Mora romagnola, impasto di grano spezzato); una Tonnara (pomodori pendolini, mozzarella fior di latte, tonno fresco, cipolla di Tropea, fagioli neri, impasto di crusca tostata). Mio figlio decenne, che come tutti decenni ama i sapori trash in stile McDonald, si è invece goduto in splendida solitudine una Breakfast in America, a base di pomodoro, mozzarella fior di latte, pancetta affumicata, aceto balsamico, uova al tegamino, ketchup. Coraggiosa, ma divertente.

Aggiungo che a O’ Malomm si mangiano anche primi piatti, insalate, carne, taglieri di salumi e formaggi, dolci e ottime piadine variamente farcite (siamo pur sempre in Romagna). Si bevono buoni vini (San Patrignano ne produce di notevoli) e qualche birra artigianale (l’assortimento è migliorabile): noi abbiamo provato le tre disponibili del birrificio Amarcord: Gradisca, Midòna, Volpina (gradevoli, non indimenticabili).

Tutto, ogni dettaglio, è estremamente ricercato: la grafica del menu, la presentazione dei piatti, gli oggetti di design e i prodotti gastronomici in vendita allo “Sp.Accio” sottostante, gli arredi del locale, il servizio. Come se la qualità, la bellezza, la cura di ogni particolare fossero i veri ingredienti di questo posto, che naturalmente non è solo un ristorante.

sp.accio

E qui veniamo all’ultimo punto. I ragazzi che servono ai tavoli, ovviamente, sono “ospiti” della comunità giunti alla fine di un percorso assai lungo di ricostruzione personale. Non mi intendo di dipendenze e di “sostanze” (come dicono loro) e quindi mi astengo da ogni giudizio di merito: ma se penso a come dovevano essere quando sono arrivati qui e guardo a quello che ho davanti, non posso non essere colpito. Akim, che ci ha serviti l’anno scorso, questa sera non c’è perché sta preparando la maturità. A spiegarcelo è il nostro cameriere, Mohamed, detto Momo, un senegalese di 26 anni, 193 centimetri di cortesia e orgoglio, che prima ha parlato a lungo di calcio con Giacomo (che ha il dono di fare amicizia con tutti, dal neonato all’anziano, e quindi – dall’alto dei suoi 10 anni – ci guida spesso alla scoperta di persone che da soli non avremmo conosciuto), e poi ci ha raccontato – con qualche inevitabile sintesi – la sua storia. Presto anche lui sosterrà la maturità alberghiera. Poi gli piacerebbe fare il direttore di sala perché, ci dice da dietro i suoi grandi occhiali che gli danno un’aria da diplomatico africano degli anni ’70, “ho un gusto particolare per l’arredamento dei locali, la disposizione degli accessori. Mi piacerebbe andare in Canada, vedremo”. Ascoltiamo in silenzio, con gli occhi lucidi, mentre Momo ci spiega come si finisce in guai sempre più grossi, nell’hinterland milanese (è un nostro concittadino, alla fine!), e cosa si prova a vedere la propria madre per la prima volta dopo tre anni e mezzo di comunità.

Con ogni probabilità, alla nostra prossima visita Momo non ci sarà. È anche per questo, oltre che per le ottime pizze, che noi ci torneremo.