Dieci Secondi - Anno 1, puntata 7

Dave Matthews Band: Crash

14 Aprile 2018

Dieci secondi, anno 1 puntata 7 – Dave Matthews Band

(ascolta l’audio della puntata qui sotto)

Un paio di puntate fa, parlando dei Grant Lee Buffalo, avevamo ricostruito il in cui si aprono gli anni ’90. In grande sintesi, potremmo dire che la musica torna a essere suonata con gli strumenti musicali. Non è un giudizio di merito: ognuno giudichi per sé se le drum-machine e i sequencer del decennio precedente fossero meglio della frugale Fender Jaguar di Kurt Cobain, o se le camicie di seta bianca fossero meglio di quelle di flanella a quadri. Potremmo dire con una battuta che se gli anni ’80 sono stati Mtv, gli anni ’90 sono la Cnn, ed esprimono quantomeno una maggiore voglia di verità.

In questo contesto, la Dave Matthews Band è una specie di manifesto vivente del nuovo decennio. Lui, Dave Matthews è un americano, bianco, ma viene dal Sudafrica – che non è proprio un paese qualunque, specie in quegli anni; gli altri membri della band sono in prevalenza della Virginia, dove Dave lavora come barista e compone canzoni nel tempo libero. Alcuni componenti sono di colore, e questa – che ci piaccia o no – non è una cosa così frequente nel mondo del pop-rock.

Come si apre la carriera di Dave Mattews e soci? Non è chiaro. Tecnicamente il primo album sarebbe “Remember Two Things“, lavoro autoprodotto del 1993, che contiene brani che torneranno poi nei due dischi successivi: per questo, per semplicità, molti lo considerano come una sorta di demo, di autopresentazione, e considerano il vero esordio l’album dell’anno dopo: Under The Table And Dreaming. Un esordio folgorante: che per rendere improvvisamente nuove cose che credevamo di sapere già (il ruolo della chitarra acustica, ad esempio) impiega i pochi minuti di What Would You Say, il brano di apertura. Ma noi saltiamo avanti di qualche traccia, per ascoltare un serio candidato al titolo di più bel pezzo degli anni ’90. Che sotto una veste musicale vivace, però, nasconde un testo a dir poco agrodolce: siamo ancora quello che sognavamo quando ci nascondevamo sotto il tavolo a giocare (Under the table and dreaming, appunto, la frase della canzone che dà il titolo all’album) o siamo solo formichine in marcia verso il nulla? Domandina da niente. Il brano è “Ants Marching“.

Ascolto Ants Marching.

Era “Ants Marching”, dal primo disco della Dave Matthews Band. E questa è “Dieci secondi”, ogni giovedì sera su Radio Popolare.

La stessa formazione della DMB, come si percepisce immediatamente, è del tutto innovativa: utilizza strumenti molto tradizionali, combinandoli in modo inedito: ai classici basso, batteria e chitarra, acustica, suonata molto bene da Dave, si aggiungono violino e sassofono. Il risultato non può che essere una musica complessa, dinamica, ma sempre al servizio di una costruzione pop-rock, con belle melodie e grandi ritornelli che si fanno ricordare immediatamente. E poi, naturalmente, ci sono la voce e le canzoni del leader, così inconfondibili.

Under The Table And Dreaming, intanto, vende sei milioni di copie. Niente male per un barista della Virginia. Il che, tuttavia, carica l’appuntamento con l’album successivo di grandi aspettative. Come si rilancia, dopo un successo simile?

La Dave Matthews Band ha due armi: da un lato la sua immensa qualità strumentale fatta di arrangiamenti fantasiosi, di piani e di forti, di stop e di accelerazioni: una complessità che è quasi un sistema anti-contraffazione, come la filigrana per le banconote, troppo difficile per essere imitata dalla pletora di band dei primi anni ’90. La seconda è la qualità dei brani. E se dovessimo dare un giudizio su “Crash”, l’album che esce nel 1996, diremmo che la prima arma funziona benissimo, mentre la seconda qualche volta si inceppa.

Crash Dave Matthews Band Dieci Secondi

Di Crash ascoltiamo tuttavia uno dei brani più originali e riusciti: un pezzo che mette in mostra tutte le qualità musicali del gruppo e al tempo stesso si fa ricordare per la sua bella melodia fin dalle prime note del cantato: si chiama come una danza country, da cui prende a prestito la ritmica serrata: Two Step.

Ascolto Two Step.

Era Two Step, il terzo dei cinque singoli estratti da Crash. E questa è Dieci Secondi, su Radio Popolare, il programma dedicato a dieci secondi album.

L’album, intendiamoci, andrà molto bene e supererà le vendite del precendente attestandosi a sette milioni di copie, una in più di “Under the table and dreaming”, e catapulterà definitivamente la band nella categoria dei grandi.

Eppure… Eppure nel giudizio su Crash, non si riesce a non sentire in ogni brano come… la versione un po’ sbiadita di un brano – simile – del primo disco.

Certo non abbiamo il tempo per affrontare un’analisi brano per brano fra primo e secondo album. Ma prendiamo come esempio il terzo singolo di Crash. Si chiama “Crash into me“, è una ballata romantica e già dalle prime note di chitarra, ma anche dal titolo (tre parole, un verbo rivolto alla persona amata) ricorda la sua omologa del primo album, cioè “Lover lay down”. Ascoltiamola: “Crash into me”.

Ascolto “Crash into me”.

Era “Crash into me”, il terzo singolo estratto dal quasi omonimo “Crash”, secondo album della Dave Matthews Band. E questa è Dieci Secondi, su Radio Popolare.

Insomma, lo avete capito. A dispetto del grande successo, “Crash” non regge il confronto con lo straordinario album di esordio. Il parere non è solo mio: all’epoca, molte grandi testate musicali americane lo accolsero con un pizzico di delusione, pur sottolineando la conferma della grande originalità musicale del gruppo, che con questo lavoro si distanziava definitivamente dal “gruppone” degli inseguitori, le cosiddette jam band degli anni ’90.

A questo punto, la carriera della Dave Matthews Band si divide in due, anzi in tre: da un lato i dischi in studio, che continueranno a uscire con cadenza regolare e con buon successo; dall’altro i concerti e i relativi dischi dal vivo, che diventeranno il vero marchio di fabbrica della band: basti pensare che nella discografia ufficiale ci sono molti più album live che in studio e che – non bastasse – a un certo punto il gruppo ha lanciato un’offensiva frontale contro i bootlegger, cioè i produttori di album live clandestini, condotta in collaborazione con l’Fbi.

E poi c’è il terzo filone di attività, che vede Dave Matthews in versione solista o – meglio – in duo con il suo grande amico e virtuoso della chitarra, Tim Reynolds.

E allora ascoltiamoli, Dave e Tim, che in aprile saranno a Milano, nel loro live del 1999, “Live at Luther College“. E lo facciamo scegliendo proprio il brano che abbiamo citato poco fa: la perfetta, insuperata canzone d’amore di Dave Matthews: “Lover Lay Down“.

Ascolto “Lover Lay Down”.

Era “Lover Lay Down”, nella splendida versione acustica di Dave Matthews e Tim Reynolds dal loro live del 1999. E questa è Dieci Secondi, su Radio Popolare.

La dimensione live, lo abbiamo detto, è l’habitat ideale della band. Ma di tanto in tanto, senza fretta, il gruppo torna in studio. Lo ha fatto l’ultima volta nel 2012, con un album che si chiama “Away From The World” e per il quale ha richiamato il suo storico produttore, il grande Steve Lillywhite, che aveva firmato i loro primi album – e che avevamo incontrato parlando dei Big Country.

Il risultato è un album sereno, nel quale tutti gli elementi sono al loro posto: Dave Matthews – che di recente ha compiuto 50 anni – è un uomo pacificato, che può guardare alla vita con una certa soddisfazione, senza più l’ansia di dover stupire a ogni nuovo album.

Da questo album del 2012 ascoltiamo “Mercy“, un brano che sembra proprio un bilancio sulla vita.

Ascolto “Mercy”.

Era Mercy, da quello che al momento rappresenta l’ultimo album in studio della Dave Matthews Band, e cioè “Away From The World”: un album che – pur vendendo meno dei suoi fratelli maggiori – ha stabilito il record di sei debutti consecutivi al primo posto nella classifica di Billboard, a conferma del fatto che a vent’anni dal debutto la formula del gruppo – grazie anche all’intensa attività dal vivo – funziona benissimo.

L’appuntamento, intanto, è per giovedì prossimo e per la settima puntata di “Dieci Secondi”. Una puntata nella quale parleremo di un grande chitarrista e compositore, che ha attraversato da protagonista mezzo secolo di musica e ha collaborato strettamente con Bob Dylan e Martin Scorsese: Robbie Robertson.