Dieci Secondi - Anno 2, puntata 3

Led Zeppelin: Led Zeppelin II

15 Maggio 2018

Gli Yardbirds – un gruppo inglese degli anni ’60 – furono, per la storia del rock, una sorta di “cantera”, di vivaio del Barcellona (o dell’Atalanta, se preferite). Per darvi un’idea, nel giro di pochi anni – a cavallo della metà dei ’60 – passarono da questo gruppo Eric Clapton, Jeff Beck, Jimmy Page, ovvero le tre divinità della chitarra rock inglese. Ma nel 1968 il gruppo è stanco, esaurito e diviso, e si scioglie. E, curiosamente, il cerino resta in mano proprio all’ultimo arrivato, Jimmy Page: che si trova un po’ di obblighi contrattuali relativi a concerti già pianificati e – in compenso – i diritti sul nome “The New Yardbirds”.

Jimmy Page, quindi, resta solo: e comincia a reclutare i nuovi membri del gruppo. Non tutti gli dicono subito di sì, non tutti rappresentano la sua prima scelta. John Paul Jones, bassista, tastierista e arrangiatore, ad esempio, si candida da subito: “Qualsiasi cosa fai, vengo con te”. In compenso il cantante cui Page aveva pensato – Terry Reid, oggi pressoché sconosciuto – incredibilmente declina l’offerta: però gli suggerisce di mettersi in contatto con tale Robert Plant. Page va ad ascoltarlo e lo arruola senza esitazioni. E Plant segnala il batterista ideale: si chiama John Bonham, è molto corteggiato, potrebbe guadagnare di più altrove, ma alla fine sale a bordo del dirigibile.

Già, il dirigibile: che c’entra con i New Yardbirds? Assolti gli obblighi relativi ai concerti, salta fuori che Page poteva sì, usare il nome per i live, ma non per i dischi. Nuovo nome, quindi. “Sembriamo un dirigibile di piombo”, dice qualcuno ridendo, dopo le prime prove, evidentemente non soddisfacenti. Dirigibile di piombo, lead Zeppelin, Led Zeppelin. E in trenta ore (sì, avete capito bene) viene registrato il primo disco. Che si apre così. Good Times, Bad  Times

Ascolto Good Times, Bad  Times.

Era Good Times, Bad  Times, il brano che apre il primo disco dei Led Zeppelin. Questa è dieci secondi, su Radio Popolare.

Sentito? Basterebbe la batteria di John Bonham (alcuni suoi passaggi sono tuttora considerati ineseguibili a meno di usare una batteria con due casse) per sancire che siamo di fronte a un capolavoro. Ma i Led Zeppelin sono molto altro: ripartono dal blues (nel disco ci sono due brani firmati da Willie Dixon) e iniziano a sovrapporre strati su strati. C’è la ballata, c’è la ritmica, c’è l’assolo fulminante, c’è la voce potente e drammatica di Robert Plant. Strati. Sovrapposti con maestria. Perché la cifra stilistica del gruppo non sarà mai la pesantezza, bensì la perfetta padronanza di ogni elemento. Il dirigibile non è di piombo. Tutt’altro: vola che è un piacere.

LedZeppelinIIIl primo disco del gruppo esce a gennaio del 1969 ed è subito un grande successo. Il secondo arriva a novembre dello stesso anno: considerati i molti mesi trascorsi in tour, i quattro non hanno dedicato alla composizione tutto il tempo che avrebbero voluto. Eppure Led Zeppelin II è in un certo senso l’album perfetto, in cui il gruppo definisce il proprio stile in un’alternanza di ballate e di riff compatti come un muro, cui l’hard rock (che di fatto hanno appena inventato) sarà debitore per decenni. Vogliamo partire dai riff? Allora partiamo da qui. Whole Lotta Love

Ascolto Whole Lotta Love

Era Whole Lotta Love, che apre Led Zeppelin II con il suo inconfondibile riff, e questa è “Dieci Secondi”, su Radio Popolare.

I Led Zeppelin sono probabilmente il più grande gruppo rock di tutti i tempi. La sbalorditiva sequenza di album perfetti, il virtuosismo strumentale, la loro stessa immagine, il loro stile di vita eccessivo, alimentano il loro mito di divinità pagane e brutali. “Il Martello degli Dei”, si intitola una loro biografia (non autorizzata) del 1985. Eppure in tutto questo c’è una sorta di equivoco. Perché Page e soci contribuiscono – sì – ad alzare l’asticella della potenza musicale. Ma non perdono mai il gusto per le sfumature, la capacità di usare la dinamica. Passando spesso nello stesso brano dalla ballata acustica all’hard rock e in questo definendo un genere. Come, ad esempio, in Ramble On, un brano ispirato al Signore degli Anelli.

Ascolto Ramble On.

Dieci secondi su Radio Popolare, questa era Ramble On, dal secondo album dei Led Zeppelin.

Led Zeppelin II avrà un enorme successo. Primo in Inghilterra, primo negli Stati Uniti. 12 milioni di copie vendute fino al 1999: oggi probabilmente sono molte di più, se si pensa che la ristampa del 2014 ha fatto in tempo a tornare in classifica. Eppure, alla sua uscita, non tutta la critica lo accolse bene: “troppo pesante, troppo blues, un’unica canzone di 40 minuti” furono alcuni dei commenti.

Naturalmente è vero l’opposto. Led Zeppelin II è uno di quei pochi dischi ancora oggi freschi, attuali, pieni di sorprese da scoprire o da riscoprire, con una produzione unitaria e brillante – merito di Jimmy Page, vero genio dello studio – malgrado sia stato registrato in numerose località diverse, nelle pause di un tour.

E poi, che succede? Il gruppo procede per la sua strada, sempre più inarrivabile, sempre più leggendario, sempre più mitologico. E, a proposito di mitologia, sapete da dove arriva quella specie di soprannome, “Il Martello degli Dei” che i quattro si portano addosso? Da una frase in una delle canzoni del terzo album, intitolato con originalità Led Zeppelin III, nella quale il punto di vista è quello dei Vichinghi che muovono alla conquista dell’Occidente.  Nell’album più acustico del gruppo, l’urlo di battaglia di Robert Plant fa veramente paura. “Immigrant Song”.

Ascolto Immigrant Song.

Era “Immigrant Song”, dal terzo album dei Led Zeppelin, usata in tante occasioni, perfino nel film Shrek. E questa è Dieci Secondi.

Il dirigibile vola – a volte altissimo – fino al 1980. Quando, il 24 settembre, il batterista John Bonham si inabissa, questa volta sì come piombo, nei leggendari 36 bicchieri di vodka bevuti per una sfida, e non si risveglia più. A parte qualche sporadica reunion, una delle quali con Jason Bonham, il figlio di John, alla batteria, il gruppo deciderà di non proseguire. I singoli membri pubblicheranno lavori solisti, talvolta in collaborazione fra loro, talvolta con altri artisti.

E se vogliamo capire come è invecchiata bene la voce di Robert Plant, non possiamo fare a meno di ascoltarlo insieme ad Alison Krauss, una delle più belle voci femminili americane, in un album del 2007. Please read the letter.

Ascolto Please read the letter

Era Please read the letter, da Raising Sand di Robert Plant e Alison Krauss.

“Per favore leggi la lettera, l’ho scritta nel sonno, con l’aiuto e la consulenza degli angeli del profondo”. E mentre Plant sembra innamorarsi sempre più di queste atmosfere americane, antiche, a mezze tinte, qualcun altro sembra riprendere la lezione dei primi Led Zeppelin. Si chiamano Greta Van Fleet, sono un quartetto del Michigan, il cantante è nato nel 1996 e la sua voce vi lascerà senza parole. “Highway Tune”.

Ascolto Highway Tune

Era “Highway Tune”, dei giovanissimi Greta Van Fleet. Plagio? Omaggio rispettoso? Furbizia? Roba tosta? Giudicate voi. Intanto, una conferma, caso mai ce ne fosse bisogno, dell’enorme e immortale influenza dei Led Zeppelin a 50 anni dagli esordi.

Noi chiudiamo qui questa terza puntata della seconda stagione di Dieci Secondi. Io sono Luca Villani, vi ringrazio e vi do appuntamento a sabato prossimo, sempre alle 17, sempre con la regia di Niccolò Vecchia, sempre su Radio Popolare. Parleremo di un gruppo molto, molto meno conosciuto dei Led Zeppelin: gli americani Del Fuegos. Ma le sorprese non mancheranno.