Musica

Ciao Kurt, lo hai poi trovato il ristorante?

21 Febbraio 2017

Kurt-Cobain-ConverseCiao Kurt, scusa il ritardo. Ieri avresti – o hai: come si può affermare che “non ci sei”?compiuto 50 anni e avrei voluto farti gli auguri. Per farmi perdonare il ritardo, ti racconto un aneddoto.

È il febbraio del 1994 e io sono in sella al mio sfigatissimo ciclomotore Sì: sono stato a fare una visita di controllo dall’oculista, perché facendo pugilato un mio amico che ovviamente non frequento più (scherzo) mi ha prodotto (ma in realtà è più colpa mia, così imparo a proteggere la faccia) una fastidiosa abrasione alla cornea, che non passa. Per consolarmi, sono passato da Buscemi e mi sono comprato due Cd: uno dei Led Zeppelin (IV, mi pare) e uno degli Afghan Whigs, Gentlemen, uscito da poco.

Non so che giro ho fatto per tornare a casa, ma sono in via Melchiorre Gioia, direzione nord, all’incrocio con via Galvani. Il semaforo è rosso. Mi fermo e col motorino mi infilo fra le macchine in modo da essere davanti a tutti e ripartire per primo, come si fa in genere in moto. A un certo punto, proprio davanti a me, da sinistra verso destra, attraversano la strada due balordi. Due brutte facce, accigliate, scontrose. Lo confesso, Kurt: sarà il brutto incidente all’occhio che mi rende un po’ guardingo, ma decido di guardare verso il basso, per non incrociare lo sguardo con i due balordi, che già me li vedo che mi dicono “cazzo guardi” e io sono pure il tipo che risponde e magari finisce male.

Guardo in basso, verso le strisce bianche su cui i due attraversano. E vedo i loro piedi. Boh: sarà che da sempre sono attento ai particolari, sarà che scribacchio un po’ di musica, sarà non so cosa, ma quello che vedo fa risuonare qualcosa che ho archiviato nella mia testa. Vedo jeans sdruciti e Converse All Star di tela. Quell’immagine l’ho già vista. Quell’immagine è la più grande icona pop del momento.

Alzo la testa, folgorato: i due balordi sono Kurt Cobain (cioè tu) e Chris Novoselic (che fa davvero paura, complici anche i 201 centimetri di altezza). E, nel frattempo, hanno compiuto la traversata e sono sul marciapiede alla mia destra. Scatta il verde per me: che faccio? È un attimo: invece di partire, accosto a destra. E vi guardo. I nostri sguardi si incrociano, ma sono meno preoccupato di prima. Allora tu (tu, capisci, Kurt?) mi (ripeto: “mi”) parli. “Scusa, sai dove c’è un ristorante qui attorno?”. Ristorante, eh? Bella domanda, per uno che ha un cervello funzionante. Basterebbe dirti: “Sì, gira alla prima a destra, via Fara, ce ne sono venti”. Avendo un cervello. Io, invece, scendo dal motorino, metto il cavalletto e ti dico: “Are you Kurt?”. “Yeah”. “I’m very happy to know you” (immagino il tono leggermente esaltato). Mi tolgo il guanto di pelle scamosciata che usava in quegli anni (faceva un freddo della madonna, il 24 febbraio del ’94) e ti do la mano. Ristoranti, neanche a parlarne: non capisco un cazzo. Penso ai miei due Cd nel sacchettino di plastica appeso al manubrio: vorrei farteli vedere, sono sicuro che li approveresti entrambi; vorrei farteli autografare, ma ovviamente non ho niente con cui scrivere. L’autografo di Kurt Cobain su un Cd dei Led Zeppelin: mica male, no?

È come quando nei film sparisce il rumore di fondo e viene sostituito da un fischio, per indicare sospensione, smarrimento, blocco. Quanto dura? Forse due secondi, ma a me sembrano moltissimi. Poi Chris, che nel frattempo è andato avanti (verso via Fara, appunto), chiama: “Kurt!”. Fa un gesto con la mano aperta e il palmo rivolto verso di sé, che vuol dire: vieni, ho trovato” (e che a me pare contenga anche una sfumatura di “non perdere tempo con quel coglione”, il che ci sta tutto). “Ok, thank you”, mi dici. “We’re ok”. Che cosa posso averti detto? “Bye”, immagino.

Ecco. Bye, Kurt. E buon compleanno.