Politica

When in trouble, go lazy. E Civati sbagliò millennio

22 Settembre 2013

obama

When in trouble, go big”. L’espressione, che potremmo tradurre con “Quando sei in difficoltà, gioca al rialzo”, è di Ben Smith, un opinionista americano che l’ha usata per sintetizzare la strategia di Barack Obama: di fronte alle difficoltà, rilanciare. Ci ho pensato assistendo allo streaming degli interventi dei candidati alla segreteria del Pd. Qui, però, il motto andrebbe leggermente modificato: “When in trouble, go small”. O, meglio ancora, “go lazy”, pigro.

Mi riferisco, in particolare, all’intervento di Pippo Civati, uno che passa per molto smart perché usa Twitter e ha un aspetto un po’ sgualcito da startupper americano; ma che, con l’intervento del 21 settembre, ha definitivamente dimostrato di essere indistinguibile – se non nell’aspetto – rispetto ad altre posizioni di retroguardia. Da tempo pensavo che Civati fosse una falsa alternativa, una versione più presentabile dell’ortodossia post-comunista: oggi ne sono un po’ più convinto.

civati

Spiego. A tradire il buon Pippo (perché io credo che sia un bravo ragazzo, a parte che sbaglia millennio e forse partito) è stata una frase: una frase che forse non aveva previsto, che ha pensato al momento (poi vedremo perché), che gli è salita in gola come un attacco di reflusso gastroesofageo. Cito a memoria: “… e se gli operai non ci votano, forse non dovremmo andare alla corte di Marchionne”. Applausi, naturalmente. Ma applausi sbagliati a una frase sbagliata. Ecco perché.

Nel metodo. Da vent’anni la sinistra, quando non sa che cosa dire, attacca il nemico. E perde. Gridi “Berlusconi ladro” (che è vero, oggi ce lo conferma anche la Cassazione), tutti applaudono, lui governa e tu cuoci la salamella. In questo senso, la stoccata contro Marchionne è il seguito della strategia dell’invettiva che ha portato tante salamelle a sfrigolare sulla piastra e pochi rappresentanti del Pd in parlamento. When in trouble, go lazy. Fai una cosetta facile, un riflesso condizionato, una canzone che conoscono tutti. Come suonare “Jumping Jack Flash” a una festa della birra. Applausi. E poi?

MarchionneObama

Ma il guaio è un altro. Nel merito. La sparata di Civati, infatti, tradisce una concezione disastrosamente sbagliata: quella secondo cui il lavoro si crea per legge, perché siamo di sinistra, perché è giusto. E invece, Pippo, non funziona così: il lavoro si crea (principalmente) perché c’è un imprenditore che assume. Che cosa voglio dire? Che Marchionne può non essere simpatico. Può avere torto su molte cose. Può far girare gli zebedei col suo tono saccente. Però è l’amministratore delegato della principale azienda italiana: e uno che si candida a fare il segretario del primo partito italiano e magari il presidente del Consiglio, con Marchionne ci parla. Arrivo a dire che ci collabora. Come ha fatto – indovina, Pippo! – no, non Putin o Assad: come ha fatto Barack Obama, che sulla ripresa dell’occupazione nel settore auto, in gran parte legata al salvataggio della Chrysler, si è giocato la rielezione. E ha vinto. Buy American. E go big.

Jobs Chart Obama

Invece Pippo è andato “lazy”. Ha fatto la battuta di sicuro successo. Ha usato, per parlare di lavoro, una chiave novecentesca che di certo non basta a spiegare e tanto meno ad affrontare le complessità di un mercato sempre più globale, che ci piaccia o no. Quando Marchionne dice che la Fiat guadagna nel mondo e perde in Italia, non bisogna offendersi: bisogna correre a lavorare per semplificare le leggi, ridurre la burocrazia, abbassare le tasse, migliorare la formazione e le infrastrutture, accorciare i processi civili. Perché qualunque azienda globale va a produrre dove le condizioni sono migliori: ci mancherebbe altro. Bisogna diventare il posto in cui le aziende vogliono andare, o quantomeno rimanere. Non quello in cui sono prigioniere.

civatirenzi

P.S.: la malaugurata battuta di Civati, naturalmente, è nata per rintuzzare polemicamente una precedente affermazione di Matteo Renzi: laddove si conferma che il comunicare “contro” è un vizio duro da perdere, malgrado i risultati non proprio positivi.