Dieci Secondi - Anno 2, puntata 9

The Decemberists: Her Majesty

24 Giugno 2018

Dopo il viaggio nell’Inghilterra degli anni 70, 80 e 90 che abbiamo compiuto la scorsa settimana con Paul Weller e i suoi Style Council, oggi torniamo in America; e lo facciamo in compagnia di una band contemporanea, nata nel millennio corrente e fresca di pubblicazione di un nuovo album solo qualche settimana fa. In America, certo: perché i Decemberists sono di Portland, Oregon; e il loro leader, Colin Meloy, addirittura del Montana, non il primo stato a cui pensate quando si parla di musica.

(Ascolta l’audio della puntata qui sotto)

Però, però. I Decemberist fanno parte di un gruppo di band relativamente nuove, che amano giocare sull’equivoco geografico: ne fanno parte ad esempio i Fleet Foxes, che sono di Seattle, già gloriosa capitale del grunge, ma che assomigliano per molti versi a un gruppo folk inglese. O i Mumford & Sons, che invece sono inglesi ma che in certi momenti, quando partono alla carica armati di banjo e fisarmonica, sembrano un gruppo folk americano. Ecco: se voi ascoltaste il primo brano dei primo album dei Decemberists, è questo il gruppo di cui stiamo parlando, non pensereste che siamo in pieno folk inglese, dalle parti dei Fairport Convention? Proviamo: il brano si chiama Leslie Anne Levine.

Ascolto Leslie Anne Levine.

Era “Leslie Anne Levine”, dall’album d’esordio dei Decemberists, “Castaways and cutouts”, del 2002, che potremmo tradurre approssivativamente con “nàufraghi e ritagli”. E questa è Dieci Secondi, su Radio Popolare.

I Decemberist sono tutti in questa meravigliosa ballata che apre il loro primo disco: non solo per i suoni e per la voce di Colin Meloy, ma anche per il testo, o forse dovremmo dire la trama: perché Leslie Anne Levine, che ci racconta la sua storia in prima persona, è il fantasma di una bambina morta durante il parto in una scarpata abbandonata insieme alla giovanissima madre, tanto giovane che la canzone la definisce “la ragazza morta con me”. Una storia gotica che sembra tratta di peso da una poesia di Edgar Allan Poe, cui certamente il gruppo si è ispirato, almeno in senso lato.

Perché l’altra caratteristica dei Decemberists è quella di comporre brani spesso ispirati a personaggi, leggende, tradizioni. Alla storia, insomma: sia quella con la S maiuscola, sia – come nel caso della povera Leslie Ann, quella minore, dei poveri, degli emarginati. Non a caso, il nome della band fa riferimento alla rivolta dicembrista, avvenuta in Russia nel 1825 contro lo zar Nicola I°; anche se Colin Meloy ha aggiunto che il nome ha anche lo scopo di evocare – dice proprio così – “il dramma e la malinconia” del mese di Dicembre. E allora facciamo un passo avanti: e veniamo al secondo disco, intitolato Her Majesty e uscito nel 2003, e al brano che lo apre. È una canzone di mare, dedicata a un antico veliero, nella quale non possono mancare i fantasmi dei marinai morti. Si chiama Shanty For The Arethusa.

The Decemberists - Her Majesty

Ascolto Shanty For The Arethusa.

Era Shanty For The Arethusa, da “Her Majesty”, secondo album dei Decemberists. E questa è “Dieci Secondi”, su Radio Popolare.

Il brano, lo avete sentito, contiene anche “effetti sonori”, specie all’inizio, ma non solo: cigolii come di uno scafo che si flette per effetto del vento, rumori di catene, addirittura lamenti. È un lato teatrale che non manca nella poetica del gruppo, che spesso – addirittura – si esibisce dal vivo o si fa fotografare con costumi storici che fanno pensare alle uniformi della guerra civile americana.

E a questo gusto per l’esibizione è dedicato un brano di questo secondo album: un suggestivo ritmo di marcia lenta, che è una confessione insieme romantica e autoironica sul destino. “Ero fatto per gli applausi, ero fatto per la derisione”, canta Colin Meloy, mettendo in scena tutto il narcisismo e la fragilità dell’artista, senza difese. Con un finale che a un certo punto deraglia in una cacofonia di suoni vagamente circensi, felliniani, come se l’autore ci ricordasse la caducità del successo, ci dicesse di non prenderlo troppo sul serio. O, magari, di prenderlo sul serio per un attimo, prima che tutto finisca in una gran caos. “I was meant for the stage”.

Ascolto I Was Meant For The Stage.

Era “I was meant for the stage”, dal secondo album dei Decemberists, intitolato Her Majesty The Decemberists.

Her Majesty è un buon album, pieno di spunti interessanti e di idee intelligenti, cui forse mancano l’effetto sorpresa del suo predecessore, e un singolo veramente trascinante. Anche il successo commerciale non sarà travolgente: l’album vende circa 50mila copie negli Stati Uniti. Ma per fortuna al gruppo, che incide per l’etichetta indipendente Kill Rock Stars, viene dato il tempo di maturare con calma. E il terzo album, Picaresque, venderà oltre 120mila copie solo in America.

Le cose andranno gradualmente migliorando in termini commerciali, anche grazie al passaggio a una cosiddetta major, la Capitol Records, a partire dal quarto album, “The Crane Wife”. Ma se è vero che la migliore distribuzione aiuterà le vendite del gruppo, è altrettanto vero che la qualità musicale non diminuirà mai: al contrario, tutti i successivi album conterranno brani di grande qualità e originalità, aperti a numerose influenze musicali e letterarie, ma senza perdere di identità. E, un po’ a sorpresa, arriverà anche il grande successo commerciale, con The King Is Dead, l’album del 2011 che finirà in testa alle classifiche americane, producendo il singolo che concorrerà al Grammy per il miglior brano rock dell’anno: Down by the water.

Ascolto Down by the Water

Era Down by the Water, da The King is Dead, sesto album dei Decemberists. E questa è 10 Secondi su Radio Popolare.

The King is Dead è un album in cui – per esplicita ammissione del leader Colin Meloy – l’ispirazione deriva in generale dalla musica americana, dopo molti album ispirati al folk inglese; e – in particolare – deriva dai REM, un gruppo caro a Dieci Secondi, oltre che ai Decemberists: e i REM non solo influenzano l’album; ma vi partecipano direttamente per il tramite del chitarrista Peter Buck, che suona su tre brani, incluso, naturalmente, quello che abbiamo appena ascoltato.

Con The King is Dead, i Decemberists diventano un gruppo più conosciuto, in un certo senso più commerciale anche se in senso buono, di maggiore accessibilità, ma senza rinunciare alla propria integrità artistica. Questo sesto album è, fatte le debite proporzioni, una super-produzione, cui partecipano non solo il chitarrista dei REM, Peter Buck, ma anche la grande cantante folk americana Gillian Welch e il suo partner musicale, David Rawlings. È, in un certo senso, l’album della consacrazione.

Da allora, un altro ottimo album nel 2015, “What a Terrible World, What a Wonderful World”. E poi, come dicevamo in apertura, un nuovo album, fresco di stampa, nella primavera del 2018.

Decemberists - I'll be your girl

Il nuovo album, che si intitola “I’ll Be Your Girl”, è un album particolare. Cioè, in sintesi, è un album dei Decemberists, in cui fa irruzione l’elettronica. Non un’elettronica contemporanea, o addirittura futuribile, come avevamo detto commentando l’ultimo album dei Bon Iver; piuttosto, un’elettronica vintage che sa di anni ’80. Il risultato? Ascoltiamo: il brano più curioso dell’album è certamente Severed.

Ascolto Severed.

Era Severed, il singolo di “I’ll be your girl”, recentissimo lavoro dei Decemberists. E questa è Dieci Secondi, su Radio Popolare.

Insomma, la moda dell’elettronica – possibilmente vintage – ha contagiato anche i colti Decemberists, che forse suonavano più moderni quando al sequencer preferivano la fisarmonica. Tuttavia non è certo un dramma: il nuovo disco rimane godibile, anche se a tratti un po’ spiazzante, e – credo – non prefigura una nuova direzione musicale ma solo una digressione che va vista come uno scherzo, come uno dei loro travestimenti, come una sorpresa fatta agli amici di sempre.

In attesa di conoscere i prossimi sviluppi di questa storia musicale che abbiamo seguito in tutto il suo sviluppo, dal 2002 a oggi, siamo arrivati alla fine di questa penultima puntata di Dieci Secondi. E allora appuntamento a sabato prossimo, sempre alle 17, sempre su Radio Popolare, sempre con la regia di Niccolò Vecchia. Appuntamento alla puntata numero dieci del secondo anno, cioè – per ora – l’ultima in programma. Chiuderemo, come da tradizione, con un gigante della musica rock, per qualcuno il più grande di tutti: Jimi Hendrix. Da Luca Villani, un saluto e buoni ascolti.