Covid

Basta, guardiamo fuori.

28 Marzo 2020

Siamo attratti dal precipizio. Non facciamo che leggere articoli sul Covid, parlarne, pensarci (io avevo fatto voto almeno di non scriverne, e credo di avere mantenuto la promessa). Calcoliamo le statistiche, anche quando i numeri non tornano e sono palesemente senza senso perché nessuno conosce davvero il dato dei contagiati. Proviamo a illuderci di vedere curve che si appiattiscono. Aspettiamo la conferenza stampa della Protezione Civile alle 18,00, sapendo già che non verrà fuori niente di buono (e che i numeri sono spesso sbagliati e quindi contraddicono quanto detto ieri). Prendiamo atto della clamorosa inadeguatezza di chi ci governa, più preoccupato dalla visibilità mediatica che dalla salute dei cittadini. Assistiamo ai mostruosi duetti a distanza fra Governo e Regione, alla gara quotidiana delle dichiarazioni e dei relativi orari in favore di televisione o di social media. Vediamo un irresponsabile che è stato ministro degli Interni e che ora contrabbanda fake news allarmistiche e pericolose, con il solo scopo di minare la (poca) fiducia nelle istituzioni, roba che poi ci vorrebbe un processo di Norimberga per sistemare un po’ di cose. E poi rifacciamo il giro: numeri, articoli, post su Facebook, rabbia, frustrazione. E ancora.

Basta.

Siamo immersi in una situazione inquietante e senza precedenti, ma non siamo obbligati a fissarla ipnotizzati. Siamo nella merda fino al collo, se mi passate l’elegante metafora, ma nessuno ci vieta di guardare fuori.

E fuori c’è ancora il mondo, che ci aspetta, come un bambino aspetta il papà e nella sua semplicità si chiede: “Chissà perché non viene a giocare con me. Che cosa avrà di meglio da fare?”. Ha stramaledettamente ragione il bambino. Ascoltiamolo.

Foto di Fiona Adams, trovata in rete

Foto (credo) di Fiona Adams, trovata in rete.

Perché fuori c’è la musica. Ci sono milioni di dischi, di brani, di video, in tutti i possibili formati, che aspettano di essere ascoltati o riascoltati. Ci sono i grandissimi, da Bach ai Beatles (per citare John Lennon), ci sono i nuovi album di Jonathan Wilson e dei Pearl Jam (uscito ieri!) ancora da scoprire. Ci sono i nostri vecchi amori, dalla “A” di Allman Brothers Band alla “Z” di ZZ Top (così sembra che io sia fissato col rock sudista: non è del tutto vero, ma non importa) che ci osservano saggi e pazienti dagli scaffali del salotto. Ma soprattutto ci sono gemme nascoste pressoché ovunque, che aspettano solo di essere scoperte. Io oggi mi sono commosso profondamente ascoltando Superlover, il primo brano dell’ultimo album di Luther Dickinson, figlio di Jim, fratello di Cody (sembra un personaggio del Trono di Spade: adesso vi aspettate che dica “primo del suo nome”, invece dirò) fondatore dei North Mississippi Allstars, chitarrista extraordinaire. Ebbene, ascoltatela, questa ballata apparentemente senza pretese, piena di dolcezza e di amore, e fate attenzione al testo: e se il genere non vi piace, trovate da voi i vostri tesori nascosti. Sono più numerosi di quanto pensiamo.

Ci sono i libri, quelli usciti poco fa e quelli, come “Moby Dick” o “Guerra e Pace”, che abbiamo letto troppo presto, che abbiamo finto di aver letto: io li ho letti, ma questo non mi redime dalla mia abissale ignoranza, perché i capolavori che non ho letto sono una maggioranza schiacciante, e di quelli che ho letto ricordo pochi squarci, abbaglianti ma pochi. Ci sono le poesie immortali di Giacomo Leopardi (che effetto fa leggere “L’Infinito” in questo momento, dal chiuso delle nostre “siepi”, magari ad alta voce? Bisogna provare al più presto, magari oggi stesso), ma anche piccole cose più leggere e scherzose: per dire, io sto leggendo “Lo Sbiancamento dell’Anima” di Rocco Tanica e devo dire che anche se verosimilmente i nostri nipoti non lo studieranno nelle antologie della letteratura italiana è spiritoso e ben scritto.

Ci sono i film, tutti i film del mondo. Prendete – tanto per dirne una – la classifica dei 100 migliori film dell’American Film Institute e controllate quanti ne avete visti e, soprattutto, quanti ne ricordate davvero bene (io ne ho visti circa la metà e me li ricordo tutti malissimo) e ditemi se non vi viene voglia di guardarli tutti, dal centesimo al primo. Di seguito.

Ci sono i musei che hanno aperto le loro sale su internet. Ci sono concerti di musica classica, opere liriche e spettacoli teatrali disponibili in streaming o registrati.

Ci sono le partite del Milan di Franco Baresi e di Marco Van Basten, o quelle dei Sixers di Julius Erving, dei Bulls di Michal Jordan, dei Lakers di Magic Johnson o di Kobe Bryant, a seconda della generazione cui appartenete e dei vostri gusti personali.

C’è tutto quello che ci piace.

C’è il silenzio, che non è mai una brutta idea.

Insomma, basta fissare l’abisso. C’è di meglio.

Guarda caso, proprio due giorni fa, a sorpresa, è uscito un nuovo brano di Bob Dylan (l’ultimo era del 2012), intitolato “Murder Most Foul”, una lunga (quasi 17 minuti) orazione, quasi un monologo teatrale con un accompagnamento musicale molto discreto, dedicata all’assassinio di John Kennedy, una sorta di “Hurricane” senza l’incalzante urgenza dell’attualità. Ma dopo avere descritto l’omicidio, anche in toni assai crudi (“Then they blew off his head while he was still in the car / Shot down like a dog in broad daylight”), Dylan sembra cambiare registro e passa in rassegna la storia della cultura popolare americana invocando nomi di musicisti e di canzoni (una settantina, qualcuno li ha censiti), come in una litania dei santi laica.

Come tutti i grandissimi, il vecchio Bob arriva al momento giusto con la cosa giusta, anche se il brano è stato registrato “a while back ago”, come dice il tweet che lo ha annunciato, il che rende il tempismo ancora più sorprendente. “Murder Most Foul” è, allora, soprattutto un inno al potere salvifico della musica (la parola “play” vi compare 61 volte, se non ho contato male), che giunge come una risposta a questi tempi difficili.

Stay safe”, dice il tweet del maestro. E guardiamo fuori, mi permetto di aggiungere io: è pieno di cose miracolosamente belle.