Dieci Secondi - Anno 2, puntata 10

Jimi Hendrix: Axis Bold As Love

10 Luglio 2018

Lo scorso anno avevamo dedicato l’ultima puntata della serie a un gruppo che pochi conoscono come tale, ma formato da musicisti famosissimi: se vi dico Traveling Wilburys (il gruppo) rispondete “chi?”; ma se vi dico Bob Dylan, George Harrison e Tom Petty tutto diventa più chiaro. La storia è divertente e la musica è bella: e se non l’avete sentita il podcast della puntata vi aspetta sul sito di Radio Popolare, oppure qui. Ma veniamo a noi. Quest’anno continuiamo la tradizione: e allora l’ultima puntata è dedicata a un altro peso massimo, per qualcuno il più grande di tutti: no, non è Mohammed Alì, ma per certi versi è il suo corrispettivo musicale.

(ascolta l’audio della puntata qui sotto)

Ebbene sì. Mentre si è appena celebrato con una mostra alla Triennale e un bel libro il cinquantesimo anniversario della sua unica tournee italiana (e milanese), noi parliamo proprio di Jimi Hendrix: un artista dalla personalità talmente complessa, che non si sa mai da dove partire, specie avendo a disposizione una mezz’oretta scarsa. E noi, allora, partiamo da lui. Da un bambino poverissimo, per tre quarti afroamericano e per un quarto Cherokee, nato a Seattle nel 1942 con il nome di Johnny Allen Hendrix e ribattezzato quattro anni dopo James Marshall Hendrix, da cui il diminutivo Jimi (ma sappiate che in casa lo chiamavano Buster, chissà perché). Il padre, Al, è assente e irresponsabile: si presenta ogni tanto, mette incinta la moglie e scompare a lungo; la madre, Lucille, ne combina tante (non tutte le sue gravidanze sono riconducibili al marito, per dire), muore quando Jimi ha 15 anni e per questo lui la idealizzerà per tutta. Ma adesso lasciamo la parola a lui, a Jimi. E partiamo dal suo primo disco, Are You Experienced, e soprattutto dal suo primo singolo, quello da cui parte tutto. Una vecchia canzone mariachi, che Jimi stravolge completamente: Hey Joe.

Ascolto Hey Joe.

Era Hey Joe”, dall’album d’esordio di Jimi Hendrix. E questa è Dieci Secondi, su Radio Popolare.

Hey Joe, dove stai andando con una pistola in mano? Sto andando a sparare alla mia donna, perché l’ho beccata con un altro uomo”. Il disco è un grande successo, resta 33 settimane nelle classifiche inglesi, fermandosi al secondo posto, giusto perché al primo ci sono i Beatles. Già, ma perché inglesi? Perché Jimi, che negli Stati Uniti gira come una trottola come chitarrista al servizio di cantanti famosi, facendosi spesso cacciare per indisciplina, a un certo punto viene notato da Chas Chandler, ex-bassista degli Animals divenuto produttore. Immaginatevi Chas, proveniente dall’Inghilterra dominata dai Beatles e dagli Stones, un paese dove il rock ha un’importanza sociale e di costume enorme, che si trova davanti questo semisconosciuto che al Cafe Wha?, un localino del Village, alza al massimo l’amplificatore (ancora oggi si parla di settaggio Hendrix per dire tutte le manopoline sul 10) e suona la chitarra come nessuno al mondo, con una personalità e una sensualità da far sembrare Mick Jagger un chierichetto. “Vieni a Londra, è lì che succede tutto”, gli dice. E Jimi risponde: “Ok. Una condizione: mi fai conoscere Eric Clapton?”.

Jimi Hendrix Axis Bold as Love

Da allora succede tutto, effettivamente, e molto in fretta. Jimi arriva a Londra il 24 settembre 1966 ed conosce subito Eric Clapton, la prima sera, oltre che Kathy Etchingham, che sarà la sua fidanzata per due anni. Intorno gli viene creato un gruppo, formato da Noel Redding, un chitarrista convertito al basso, e dal batterista Mitch Mitchell. È nata la Jimi Hendrix Experience, è nato il formato del “power trio”, sono nate un sacco di cose. E nell’agosto del 1967 esce “Are you Experienced”, il primo disco, di cui abbiamo parlato. Quindi saltiamo al secondo disco. Che esce – incredibilmente – lo stesso anno, il primo dicembre, per onorare un contratto che prevedeva due dischi nel 1967. Il secondo album si chiama Axis: bold as love. E noi ascoltiamo il terzo brano: Spanish Castle Magic.

Ascolto Spanish Castle Magic.

Era Spanish Castle Magic, da “Axis. Bold as love”, secondo album di Jimi Hendrix. E questa è “Dieci Secondi”, su Radio Popolare.

Il brano è una specie di hard blues con un riff di chitarra che diventa famoso e un testo che combina l’elemento realistico (il locale, lo Spanish Castle, nello stato di Washington, esiste davvero, e Jimi ci ha suonato più volte) con quello fantastico: dice che “ci vuole circa mezza giornata per arrivarci – cosa probabilmente vera, in macchina, da Seattle – ma aggiunge: se ci andiamo a bordo del mio drago”.

Ma il brano certamente più toccante – e più famoso – di questo secondo album è una ballata che è stata interpretata da moltissimi grandi, primo fra tutti Eric Clapton: e che, per John Mayer, è la ragione per cui ha deciso di suonare la chitarra. In effetti: la sequenza di accordi iniziale è una delle cose più belle mai concepite da un musicista rock. Per Rolling Stone è al 366esimo posto fra i migliori brani di tutti i tempi: per noi anche di più. Parliamo di Little Wing, un gioiellino di soli 2 minuti e mezzo, ma che vorremmo non finisse mai.

Ascolto Little Wing.

Era “Little Wing”, ancora dal secondo album di Jimi Hendrix, pubblicato a fine 1967. E questa e Dieci Secondi su Radio Popolare.

Per quasi tutti i commentatori musicali, di oggi e dell’epoca, Axis: bold as love è un capolavoro: un capolavoro minore, forse, un album di passaggio fra il debutto folgorante di Are You Experienced e la piena maturità del doppio Electric Ladyland. Del resto è sempre difficile stabilire una gerarchia nella discografia di Hendrix, fatta di tre soli album in studio, tutti di altissima qualità.

Quello che è certo è che con due album in sei mesi lo sconosciuto venuto da Seattle è ora riconosciuto come un grande musicista e un audace sperimentatore: Jimi è interessato al suono, alla tecnologia, dalle chitarre che modifica insieme a Leo Fender agli amplificatori che la Marshall gli fornisce in gran quantità, all’uso dello studio di registrazione e dei nastri come un vero e proprio strumento musicale. E in tutti questi campi imprime una svolta. Ma Hendrix è anche un autore di testi suggestivi e visionari. Come nel brano che dà il nome all’album e lo conclude: una struggente ballata dal testo tutto incentrato sulla sinestesia fra colori e stati d’animo, con una finezza psicologica che sembra quasi anticipare lo straordinario film della Pixar Inside Out (e chissà che non l’abbia davvero ispirato). “Il mio giallo in questo caso non è tanto morbido – canta Jimi, citando oltretutto Mellow Yellow di Donovan – infatti è spaventato come me”. Il brano è Bold as love.

Ascolto Bold as love.

Era Bold as love, che chiude il secondo album di Jimi Hendrix, quasi omonimo. E questa è 10 Secondi su Radio Popolare.

Non staremo ad annoiarvi con la tragica parabola di Jimi Hendrix, simile peraltro a quella di molte rockstar dell’epoca, conclusasi rovinosamente con la morte – per eccesso di droga, farmaci, alcol, sregolatezze varie – il 18 settembre 1970. Parliamo piuttosto di quella musicale. Dopo il secondo album, arriva il doppio Electric Ladyland nel 1968. E poi – sciolti gli Experience – l’album che prende il nome dalla sua nuova formazione, Band of Gypsies, registrato dal vivo e pubblicato nel 1970.

Chissà dove sarebbe arrivato Jimi Hendrix, se non fosse morto quel 18 settembre. Da sempre si parla di un suo progetto con Miles Davis: certo, curioso com’era, si sarebbe contaminato con altre culture e altri generi musicali, sorprendendoci ogni volta. Ma a proposito di alleanze, per così dire, con altri giganti della musica, ci lasciamo con una sua cover di un brano di Bob Dylan: forse la cover più bella di sempre. Qui, partendo da una struttura di tre accordi che si ripetono per tutto il brano, senza nemmeno un ritornello, Hendrix crea un’atmosfera musicale che incontra il testo di Dylan – enigmatico e pieno di simboli –  a un’altezza dove davvero pochi potevano arrivare. All Along The Watchtower.

Ascolto All Along The Watchtower.

Era All Along The Watchtower, da Electric Ladyland, terzo album di Jimi Hendrix. E questa è Dieci Secondi, su Radio Popolare.

Qui, nel brano di Dylan che abbiamo ascoltato, stupisce ogni volta sentire quante volte in quattro minuti scarsi la chitarra di Jimi riesca a cambiare “voce”, o colore, potremmo dire. E stupisce – soprattutto – constatare come Hendrix renda suo questo brano, come i testi stessi di Dylan si adattino così bene alla poetica visionaria di Jimi. Del resto, a Jimi piaceva confrontarsi con i grandi della musica, quasi come fosse un gioco: è leggenda la sua interpretazione di Sergeant Pepper’s Lonely Heart Club Band in un concerto londinese, il 4 giugno 1967, solamente tre giorni dopo l’uscita del brano originale dei Beatles, davanti a un Paul McCartney sbalordito e chiaramente compiaciuto per l’omaggio.

E così oggi, a cinquant’anni dal suo momento di massima celebrità, Jimi Hendrix sembra più che mai moderno, attuale nel suo modo di concepire la musica come un linguaggio aperto, globale, in continua evoluzione, che ama contaminarsi con tutto ciò che accade nei dintorni. Come dicevamo, possiamo solo fantasticare su quello che Jimi avrebbe fatto. Ma di certo, non abbiamo ancora finito di goderci fino in fondo quello che ha fatto.

E così si conclude la decima e ultima puntata di questa seconda stagione di Dieci Secondi. Grazie a Niccolò Vecchia, regista e prezioso supervisore di questa trasmissione, grazie a Radio Popolare, grazie soprattutto a chi ci ha ascoltati. Ricordate che i podcast di tutte le puntate sono disponibili sul sito della radio, oltre che su questo blog. Da Luca Villani, buona serata e – soprattutto – buoni ascolti.