Calcio

Mercato Milan: l’anno delle scelte difficili

13 Giugno 2021

Mi pare che siamo arrivati al punto in cui qualcosa sul mercato del Milan bisogna pur cominciare a dire, ben sapendo che saremo smentiti su tutta la linea e che questo sarà probabilmente un bene.

Cominciamo dalla regola di base, che i giornalisti sportivi sembrano sempre ignorare e che invece io ricordo sempre prima di iniziare: la squadra non è fatta da undici giocatori, ma da (almeno) 23, cioè due alternative per ogni ruolo e tre portieri. Lo so che sembra una banalità, ma se leggete la quasi totalità degli articoli di mercato vedrete che nessuno ne tiene conto e si ipotizzano cessioni di Tizio per comprare Caio, come se Tizio e Caio non potessero coesistere o alternarsi. A stabilire il successo di una squadra è soprattutto la completezza della rosa e il valore qualitativo delle alternative, perché oggi parlare di titolari e riserve suona anacronistico.

Poi quest’anno ci sono due fatti nuovi, entrambi positivi ma che potrebbero rendere più complicato il nostro mercato. La prima (ancora non mi par vero!) è che ci siamo qualificati per la Champions League e quindi il livello dell’impegno sale sia quantitativamente (almeno all’inizio, poi speriamo) che qualitativamente (molto: vi ricordo che siamo in quarta fascia, quindi difficilmente troveremo squadre materasso, poi non si sa mai). La seconda è che dopo molti anni non abbiamo granché da tagliare: se negli ultimi sette/otto anni circa abbiamo aspettato con ansia che scadessero alcuni contratti assurdamente onerosi (di vendere quei giocatori, in genere a fine carriera e strapagati, neanche a parlarne: l’ho spiegato qui), adesso di “scarto” (perdonatemi l’espressione che non vuole essere offensiva ma solo algebrica) c’è poco, anche se qualcosina c’è. Lo vedremo.

Infine, la nostra squadra – meglio: la nostra società – sembra avere intrapreso un percorso virtuoso che punta a ridurre le perdite anno dopo anno. Che questo sia per vendere meglio al prossimo offerente, che sia giusto o sbagliato, che il PSG non lo faccia, che il FFP sia una burla, che senza lo stadio questo processo di risanamento rischi di essere zoppo e insufficiente, eccetera, lasciamolo da parte. Il dato evidente è che non sarà un’estate di grandi spese.

Detto questo, let’s go.

Portieri.

Se me lo aveste chiesto due mesi fa, vi avrei risposto così: Donnarumma rinnova per due anni, magari con una piccola clausola, in modo che fra un anno possa andare via (come evidentemente vuole, altrimenti avrebbe rinnovato a soli otto milioni) e noi potremo fare una plusvalenza. Così, mi pareva, fanno le persone non dico affettuose ma almeno educate. Invece è avvenuto l’indicibile: Donnarumma ha scelto di NON rinnovare, senza mai dire una parola ai tifosi, mentre alla società evidentemente lo aveva detto da mesi (bontà sua, altrimenti non sarebbe arrivato Mike Maignan a firmare il martedì dopo la fine del campionato). Inutile commentare: le cose sono andate peggio delle peggiori previsioni e credo che non sia neanche il caso di dare troppa responsabilità a Mino Raiola, anche se l’idea che i giocatori di Raiola appartengano a Raiola e le società che li vogliono tenere devono sostanzialmente ricomprarseli non mi pare peregrina: si vede che va bene così a tutti, compresa la Uefa. Quindi ciao Gigio e grazie, benvenuto Maignan che ha fatto benissimo al Lille: ci affezioneremo tantissimo, siamo milanisti e siamo disposti a voler bene a gente molto meno meritevole. Come secondo rimarrà lo scaleno Tatarusanu, mentre stuzzica la mia curiosità il fatto che come terzo potrebbe rientrare il nostro canterano Alessandro Plizzari, classe 2000, stabilmente nel giro delle Nazionali giovanili e reduce da un prestito alla Reggina non particolarmente soddisfacente: se da un lato relegare un (forse) talento ventenne in terza posizione sa di spreco, dall’altro averlo sotto gli occhi tutti i giorni potrebbe aiutare a capirne meglio le potenzialità e magari regalargli qualche presenza. Vedremo.

Difesa.

La difesa titolare è fatta: da destra a sinistra, Calabria, Kjaer (da oggi capitano di tutte le squadre del mondo), Tomori, Hernandez. Poi iniziano i dubbi: Romagnoli (che ha un solo anno di contratto ed è assistito dall’ottimo Raiola) va o resta? Se lo cediamo adesso, qualche milioncino arriva; se rinnova alle nostre condizioni, benissimo, ma bisogna saperlo subito e non tra un anno. Ovviamente non ha senso l’acuta osservazione di coloro che scrivono (vedi sopra) “ha perso il posto a favore di Tomori”: primo perché Tomori è un centrale esplosivo e veloce (tipologia che a noi manca dai tempi dell’indimenticato Thiago Silva, fresco campione d’Europa) e caso mai il ballottaggio sarà più con Kjaer; secondo perché (vedi sopra) per affrontare campionato, Champions e coppa Italia servono quattro titolari quasi intercambiabili. Quindi non è che al posto di Romagnoli c’è Tomori o Kjaer, come scrivono i peggiori giornalisti sportivi: al posto di Romagnoli bisogna comprare un centrale forte, il che non è assurdo, magari pescando in Francia e dintorni dove il nostro capo-scout Moncada si muove con sicurezza. Io auspico che Romagnoli rinnovi a condizioni sensate (il tetto per i giocatori forti ma non superstar sembra essere quattro milioni all’anno: basteranno?) e resti con noi. Resterebbe da capire chi sarebbe il quarto centrale: vogliamo fidarci di Matteo Gabbia, altro prodotto del vivaio, classe 1999? Forse sì, soprattutto perché un certo numero di giocatori del vivaio è obbligatorio. Discorso diverso per Pierre Kalulu, classe 2000 che si è disimpegnato bene sia da esterno destro che da centrale e che potrebbe rimanere come jolly proprio per la sua versatilità (non dimenticate che i giocatori si fanno male, abbiamo giocato con Calabria mediano, benino anche) e perché come caratteristiche (non altissimo, abbastanza veloce) è l’unico che si avvicina a Tomori, dal quale potrebbe prendere qualche lezione.

Finito? Nemmeno per sogno. Da un lato dobbiamo ancora stabilire chi sono i cambi dei due esterni: al momento saremmo molto contenti se Diogo Dalot, che specie nel finale di stagione si è fatto voler bene, venisse confermato (ovviamente in prestito, perché come si diceva non possiamo spendere); mentre a sinistra serve un nome nuovo e in questi giorni si parla di Junior Firpo, esubero del Barcellona, che arriverebbe in prestito (ma che ve lo dico a fare?). Attenzione: contestualmente ritornano dal prestito ben tre difensori che in passato (soprattutto due) hanno suscitato grande entusiasmo e che ora appaiono delle presenze quasi imbarazzanti, tanto è vero che nessuno li ha riscattati. Il primo è Andrea Conti, arrivato dall’Atalanta come dominatore della fascia destra e mai esploso al Milan anche per colpa degli infortuni: il Parma lo avrebbe riscattato in caso di salvezza, e invece… Il secondo è Diego Laxalt che al Milan non ha mai fatto niente di male (ma neanche di bene) ma che quando giocava al Genoa (dove potrebbe finire Conti) almeno correva come un indemoniato. Il terzo è un altro mistero del calcio italiano e atalantino: destinato al ruolo di miglior centrale italiano solo due o tre anni fa (che bomba lo scambio con quel vecchio traditore di Bonucci, eh?) Mattia Caldara si è perso anche lui fra infortuni e forse qualche blocco psicologico. Fatto sta che l’Atalanta se lo è ripreso in prestito ma ora ce lo restituisce, e se l’Atalanta che di solito ci vede lungo lo ha messo sull’autobus per Milano qualcosa vorrà dire. Pronostico: Conti e Laxalt lasceranno il Milan. Per Caldara servirà un supplemento di indagine per capire innanzitutto se è sano: in questo caso potrebbe fare comodo, oppure avere un buon mercato; in caso contrario siamo nei guai. In buona sostanza la difesa della prossima stagione potrebbe essere quasi uguale a quella del 2020/’21, e se ciò è positivo in termini di continuità, d’altro canto mette qualche brivido pensando alle squadre che girano per la Champions League, alcune delle quali addirittura superiori allo Spezia.

Centrocampo.

Sul centrocampo vale il discorso fatto per la difesa: la coppia titolare è fatta, e sarà composta da Franck Kessie (occhio che scade anche lui, Paolo!) e Ismael Bennacer. Alle loro spalle scalpita (speriamo) Sandro Tonali, del cui acquisto mi ero fatto paladino, che alla prima stagione non ha propriamente entusiasmato, tanto che Maldini e Massara si sono precipitati a Brescia a rinegoziare il contratto per il riscatto (che tuttavia non appare in dubbio), ottenendo di abbassare la posta di dieci milioni ma mettendo sul piatto due cose: il 20 per cento sull’eventuale rivendita e il cartellino di Giacomo Olzer, fantasista mancino della nostra Primavera, classe 2001. A me Olzer piace molto perché è un trequartista/esterno molto longilineo, elegante, che tira le punizioni ma segna anche di testa, anche se con la tendenza ogni tanto a sparire dalla partita. Il Milan ha mantenuto un diritto di riacquisto, io avrei preferito mandarlo in prestito ma tutto non si può avere.

Resta quindi da assegnare la quarta maglia a centrocampo, visto che Meite non è stato riscattato. Qui secondo me il Milan tenterà un colpo medium/low-cost (insomma una decina di milioni) con qualche bel giovanottone francese classe 2000 o giù di lì, già forte ma non ancora esploso. Nel frattempo tornerà alla base Tommaso Pobega, giocatore del vivaio reduce da una buonissima stagione allo Spezia, con addirittura sei gol (per un centrocampista giovane non sono male) al culmine di un percorso intelligente che lo ha portato ad andare in prestito in serie C, poi in B e infine in A, comportandosi sempre bene. Pobega è un gigante biondo di 1,88 che ultimamente ha giocato più da mezzala, ruolo che attualmente al Milan non esiste: si tratta quindi di capire se può giocare in un centrocampo a due. Io credo di sì e soprattutto credo che Pioli ci proverà in tutti i modi, per valorizzare un giovane già in casa che arriva con i migliori auspici.

Corre infine l’obbligo di ricordare che a un bel momento (dal 9 gennaio al 6 febbraio) si disputerà la Coppa d’Africa (grazie Fifa) e quindi il Milan si troverà senza i suoi due centrocampisti titolari, che poi torneranno stremati, per quanto il concetto di stremato si possa adattare a Kessie. Quindi che facciamo? Rimaniamo con due giocatori nel ruolo? Con tre? E se uno dei tre si infortuna? Da un lato l’idea di un centrocampo Tonali-Pobega mi inebria, dall’altro questa è l’ennesima dimostrazione che per fare una squadra forte servono circa due giocatori per ruolo, se non tre. O quattro.

Trequarti.

I due degni compari si sono sfidati nel match di apertura degli Europei. Se di Donnarumma abbiamo detto, non possiamo ignorare la mancanza di galateo di Calhanoglu, il quale ribadisce che il Milan è “al primo posto” (di cosa?), ma non ha firmato il rinnovo e palesemente punta sugli Europei per alzare le sue quotazioni. La mia sensazione è che questo comportamento stucchevole abbia prodotto nell’animo sensibile di Paolo Maldini un sano senso di esasperazione à la Donnarumma e che pertanto la teorica offerta di quattro milioni all’anno sempre sul tavolo sia sempre meno valida. Certo, perdere un giocatore a zero e doverne acquistare uno pagandone il cartellino è una pessima congiuntura. Quindi da un lato il buon senso porterebbe a mettersi d’accordo con il volubile turco, dall’altro un po’ di chiarezza filosofica – anche se pagata a caro prezzo – sembra essere la priorità della direzione tecnica. Intanto il Milan sta cercando di rinnovare il prestito (e te pareva?) di Brahim Diaz, magari per due anni e magari inserendo un diritto (obbligo?) di riscatto. Diaz, uno dei tanti ’99 del Milan della scorsa stagione, non è un colosso (1,71 per 68 chili, che comunque è come Barella) ma decisamente talentuoso e tutt’altro che rinunciatario nell’atteggiamento. Potrebbe essere una bella scommessa, ma resta il fatto che nel ruolo serve un altro giocatore, magari esperto, con cui possa alternarsi. L’obiettivo sembra l’argentino De Paul, per il quale tuttavia occorre affrontare una bella spesuccia (40 milioni) e l’Udinese non è società da regali, prestiti o sconti. Un’altra ipotesi affascinante è il giovane Matteo Pessina, fresco convocato in Nazionale: siccome al momento in cui il Milan l’ha ceduto all’Atalanta (eh, sì, era nostro) si è riservato una percentuale sulla rivendita pari al 50 per cento, in pratica il Milan lo pagherebbe la metà: al momento l’Atalanta non ha nessuna intenzione di venderlo, ma non si sa mai. In ogni caso secondo me non vedremo più Calhanoglu.

Ai lati del trequartista centrale si presenta una situazione di asimmetria: poiché va di moda giocare “a piede invertito”, a sinistra abbiamo tre giocatori di piede destro, diversi per caratteristiche ma simili nell’impiego tattico. Il più sicuro del posto è Ante Rebic, che quest’anno ha disputato un girone di ritorno sontuoso, come è sua abitudine; alle sue spalle un altro ’99, l’enigmatico Rafa Leao, del quale tutti dicono un gran bene (in sostanza: è alto, veloce, forte tecnicamente: perché non è il migliore attaccante del mondo? La risposta è che sembra totalmente disinteressato alla faccenda e spesso passeggia per il campo e commette errori banali): il Milan forse lo cederebbe, ma – dico io – per quanti soldi? E se poi esplode e diventa il nuovo Thierry Henry, come tutti gli pronosticano da troppo tempo? Il terzo è Jens Petter Hauge (classe ’99, esatto), acquisto lampo avvenuto praticamente durante la partita di Europa League con la sua ex-squadra, cinque gol in stagione, che a un certo punto è totalmente scomparso dalle rotazioni, a costo di vedere cose ben peggiori in campo. Siccome Hauge sembra anche un bravo ragazzo, uno che studiava italiano sull’aereo di ritorno dalla trasferta, la domanda che tormenta i cuori di noi milanisti romantici è: che cosa ha fatto? Ha giocato male una partita? Beh, ne abbiamo visti altri. Dice le parolacce? Non ubbidisce al mister? È stanco perché ha giocato due stagioni senza quasi fermarsi? Non lo sappiamo, ma la sensazione e che con lui si sarebbe potuto fare qualcosa di più, magari provando a schierarlo anche a destra. Ora pare che Hauge possa essere messo sul mercato, magari inserito in qualche trattativa (De Paul?) per abbassare il prezzo. Beh, ci spiacerebbe molto anche se avrebbe una logica. Quello che penso è che da quella parte uscirà uno dei tre e non arriverà nessuno.

A destra si sono alternati Saelemaekers (’99), che tecnicamente è un terzino di piede destro ma che si è ben adattato a giocare come esterno offensivo, mettendoci grande fisicità, corsa, contrasti, insomma, quantità, a scapito di un po’ di qualità, e Castillejo: di quest’ultimo possiamo dire che è un giocatore istintivamente simpatico, generoso, a tratti quasi buffo, ma che l’idea di vederlo su un campo di Champions League ci provoca giramenti di testa. Io credo che per Castillejo si cercheranno acquirenti (in Spagna?), mentre Saelemaekers rimarrà proprio in virtù della sua duttilità e chissà che non si trasferisca qualche metro più indietro e prosegua la sua carriera da terzino. Quello che è certo è che in quel ruolo serve un giocatore rapido, capace di saltare l’uomo e che veda la porta, ovvero che faccia degli stramaledetti gol: nella scorsa stagione Saelemaekers ne ha fatti due, Castillejo uno ed è chiaro che senza gol dagli esterni offensivi non si va da nessuna parte. Salah, per dire, che gioca in quel ruolo, ne ha fatti 22 solo in campionato e 36 in totale: non pretendiamo tanto, ma insomma. Del resto lo ha detto anche Pioli: perché il Milan segna così poco? Perché manca un giocatore che salti l’uomo e crei la famosa superiorità numerica. È dunque evidente che tipo di profilo i nostri eroi andranno a cercare sul mercato: un esterno di piede sinistro veloce, forte nel dribbling, con una decina di gol in saccoccia (e a basso prezzo). Attualmente il predestinato sembra un tal Amine Adli, classe 2000 del Tolosa (Serie B francese: questo ci possiamo permettere, ragazzi, scovare il talento emergente), ma siamo certi che Moncada e i suoi abbiano già scandagliato gli angoli meno illuminati del calcio mondiale. Personalmente penso che in quel ruolo sarebbe perfetto Domenico Berardi, quasi mi stupisco che a nessuno venga in mente almeno di buttare là un sondaggio, ma a quanto pare sono il solo a pensarlo, e lui stesso evidentemente ama la vita tranquilla di provincia.

Attacco.

Ahia! È quello che deve avere detto Zlatan Ibrahimovic quando ha sentito il ginocchio cedere durante Milan-Juventus. Ed è quello che ha pensato Maldini, e noi con lui, qualche giorno fa, quando abbiamo appreso che le terapie conservative non stanno dando alcun esito, il ginocchio è gonfio e il dolore non scompare. La prospettiva di un intervento chirurgico e di tempi di recupero lunghi (per un quarantenne: cioè addio, ciao, è stato bello, resta a fare il dirigente, dai) si è materializzata immediatamente. E quindi che facciamo, considerando che Ibra aveva appena rinnovato il contratto per un altro anno ed è (era) il nostro unico punto fermo in attacco?

“Perché non segni?”

Lo scorso anno il Milan ha scelto di affrontare la stagione con una sola punta di ruolo (Ibra), convinto che a turno Leao, Rebic e Lorenzo Colombo (poi ci torniamo) all’occorrenza avrebbero potuto alternarsi. La storia ha dimostrato che né Leao né Rebic sono delle prime punte, mentre Colombo – che lo è – ha 19 anni ed è stato mandato in prestito alla Cremonese (di Braida!) dove peraltro ha giocato pochissimo e quel poco fuori ruolo. Quindi il Milan ha messo gli occhi su Olivier Giroud, un bestione di 1,90 bello esperto (34 anni) che verrebbe via dal Chelsea in scadenza di contratto e quindi comporterebbe solo il pagamento dell’ingaggio. Una buona scelta? Forse sì, se all’ombra dei due stagionati colossi si trovasse anche il modo di far crescere una giovane promessa (lo stesso Colombo?).

Ora però l’infortunio di Ibra complica tutti i piani: quindi ammettiamo che Giroud arrivi, un’altra punta è indispensabile, a meno di non ricominciare con gli equivoci rappresentati dai sopracitati Leao (e secondo me il progetto di trasformare Leao in un Osimhen era ed è molto stuzzicante, ma mi pare fallito o forse richiederebbe un’idea di gioco opposta a quella del Milan, cioè rinunciare a giocare e lanciare la palla dietro la difesa avversaria, come ha fatto – benissimo – l’Inter) e Rebic.

Conclusioni.

Insomma: sarà un mercato non facile, con pochi soldi: non dimentichiamo che per il riscatto di Tomori e Tonali se ne vanno oltre 40 milioni e i nostri amici del fondo Elliott tengono molto ai conti in ordine. Sarà un mercato che richiederà molta creatività nelle formule (prestiti di ogni tipo, qualche parametro zero – spirito di Galliani, esci da questo corpo!), molta capacità di scouting, qualche cessione magari dolorosa (io non vorrei mai vedere andare via i ragazzi della Primavera, ma avverrà). Sarà un mercato di scelte, scelte vere: riscattare Tomori sì o no; mollare Calhanoglu sì o no; cedere Leao sì o no; cedere i giovani sì o no; comprare un’altra punta sì o no. Non si girerà intorno ai problemi comprando giocatori a casaccio purché svincolati, come faceva Galliani. Si dovrà scegliere, per assemblare la migliore squadra con il minore budget, sapendo che tornare fuori dalle prime quattro (e quest’anno c’è mancato un soffio) sarebbe un disastro. Quindi: parsimoniosi ma ambiziosi.

La cosa buona è che dopo gli anni di acquisti (appunto) casuali e di confusione a tratti fortunata (di cui ci resta per esempio Kessie), oggi abbiamo un team dirigenziale e tecnico di primo piano. Quindi, lo dico, per la prima volta dopo secoli di frustrazioni e di post fortemente critici, mi fido: di Maldini, ma anche di Massara, di Moncada, di Pioli, certo, e tutto sommato di Gazidis. Ci rivediamo qui fra un po’ per vedere che cosa è successo.